«Lavoro senza contratto? Non è illegale»

È la risposta data dal 90% dei 1.173 studenti di Ca’ Foscari partecipanti a un sondaggio sulla cultura della legalità
Di Vera Mantengoli

Cambiano i tempi e, inevitabilmente, anche i giovani. Quelli di oggi si rivelano ormai rassegnati al lavoro senza contratto e mettono l’attività politica all’ultimo posto in una scala di venti valori, mentre davanti a tutti sta la famiglia. A rivelare questi dati un sondaggio sulla cultura della legalità tra i giovani, realizzato dal docente di Sociologia Giovanni Bertin dell’Università di Ca’ Foscari, in collaborazione con gli atenei di Bari e Salerno. E tra nord e sud i dati non differiscono poi molto.

Ieri, in ricordo dell’anniversario della strage di Capaci, si è svolta all’Università Ca’ Foscari una giornata dedicata alla legalità, organizzata in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale. La giornata è stata anche l’occasione per lanciare due progetti. È stato annunciato che nel corso del prossimo anno, Università e Camera di Commercio, proseguiranno il lavoro sulle imprese del territorio, analizzando sui dati pubblici delle aziende, quali sono le zone di rischio (esempio, una società che ha molta liquidità, ma pochi utili) e dove quindi c’è rischio di illegalità. L’altro è una collaborazione tra scuole superiori, università e magistrati per educare alla legalità nelle scuole. Il docente Bertin ha illustrato i risultati del sondaggio somministrato a 1173 studenti di Venezia, 1278 di Bari e 1196 di Salerno.

Lo scopo della ricerca era indagare come vengono percepite le norme sociali e quelle legali e se ci fossero differenze. Il quadro che emerge dimostra che alcune situazioni sono socialmente accettate e non sentite come illegali, nonostante lo siano. Uno dei casi più significativi è quello relativo a come viene accettato il caso di lavorare senza contratto: un dato, tra tutti, che mostra una fotografia molto rassegnata dei futuri cittadini. Infatti, solo il 10% di tutti gli studenti considera lavorare senza contratto un comportamento illegale: «Quando un comportamento è accettato dalla stragrande maggioranza della popolazione» spiega Bertin «non viene più percepito come illegale, anche se lo è. Questo dimostra che le forme giuridiche non seguono i comportamenti sociali e che alcuni comportamenti sociali delegittimano le norme giuridiche».

Lo stesso si riscontra sulla musica sul web, sul copiare gli esami e sull’ubriacarsi in pubblico: neanche il 5% considera illegale scaricare dalla rete, solo il 40% pensa che non si debba copiare dal vicino di banco e, a Venezia, solo il 30% ritiene illegale ubriacarsi davanti a tutti. L’80% dei giovani condanna invece l’imbrattamento dei muri e quasi il 100% guidare sotto l’effetto dell’alcol.

Su una scala di venti valori, facendo una media tra le quattro tipologie di caratteri individuati, svetta comunque al primo posto la famiglia, raggiungendo quasi il 90% di importanza, seguito di pochissimo dall’istruzione e dalla libertà che rimangono sopra l’80%, mentre al quarto posto, sul 70%, c’è l’amore, e al penultimo la religione con un 10%. Se la democrazia registra il settimo posto, un calo a picco si ha per l’attività politica che sfiora appena il 5%, piazzandosi all’ultimo posto. Anche questo un dato che fa pensare e che dimostra una sfiducia sul proprio ruolo di cittadini.

Vera Mantengoli

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia