Lavorati a Venezia i diamanti più belli
Era considerato tra i gioielli più preziosi esistenti al mondo, tanto che nel 1532 il cronista Marin Sanudo si fermò ad ammirarlo e ne diede una descrizione dettagliata: «Questa matina vidi in Rialto una cosa notanda et di fame memoria. Uno elmo d’oro bellissimo, fa lavorar li Caorlini, pien de zoie con 4 corone (...) et il penachio d’oro lavorado excellentissimamente (...) sul qual è ligadi 4 diamanti grandi e bellissimi». Si trattava del regalo dell’ambasciatore francese Antonio Rincon al Sultano Solimano il Magnifico, un copricapo di straordinaria bellezza che venne lavorato a Venezia e di cui oggi si sono perse le tracce. Come ricorda Ruga degli Oresi a Rialto i veneziani erano abili lavoratori di pietre, ma pochi sanno che alcuni dei diamanti più preziosi vennero lavorati a Venezia.
Di questo e di altre storie ne parlerà giovedì alle 17 alle Caserma Cornoldi il geologo mestrino Giuliano Semenzato, all’interno del ciclo di conferenze organizzate dal Club per l’Unesco di Venezia nell’incontro «Venezia e diamanti». «Il primo a portare le pietre preziose fu proprio Marco Polo», racconta il geologo, «le doveva cucire tra le pieghe dei vestiti per evitare che, in caso di assalti, venissero rubate».
Dopo una breve storia sui diamanti, cristalli composti da atomi di carbonio che si formano a 200 chilometri sotto terra e vengono portati in superficie da condotti vulcanici in seguito a eruzioni, Semenzato accompagnerà gli ascoltatori in un viaggio indietro nel tempo, a partire dall’elmo del Sultano Solimano, dipinto da Agostino Veneziano: «Il copricapo costò 115 mila ducati», racconta, «pari alla metà delle intere esportazioni veneziane in un anno. Questo dimostra anche il legame che c’era tra Venezia e l’Oriente».
Parte del gruppo di ricerca Nose di Urbino, esperto di sedimenti della laguna di Venezia, divulgatore scientifico e curatore di molte mostre, Semenzato ha fin da piccolo la passione per l’esplorazione. L’ultima sua ricerca riguarda i diamanti e Venezia, un argomento poco conosciuto che ha già riscosso l’interesse di molti, incluso il Tiffany Store, dato che tra le molte storie ci sarà anche quella di un diamante giallo che richiama il celebre Giallo Tiffany.
Qual è il legame con Venezia? «Dobbiamo tornare nel 1601», spiega il geologo, «quando Ferdinando I De Medici acquistò quello che le cronache di allora chiamarono la più bella cosa che c’era in Europa, un diamante giallo allo stato grezzo che venne lavorato da Pompeo Studentoli, un artigiano diamanter veneziano che si era trasferito a Firenze».
Il diamante lascia il Granducato di Firenze nel 1743, diventando di proprietà degli Asburgo fino a quando la famiglia imperiale si rifugia in Svizzera. Qui dà in pegno il diamante al gioielliere Alphons Sonderheimer attraverso il barone Steiner che, improvvisamente sparisce portandosi via con molte probabilità il diamante nel 1922. Alcuni sospettano che da quel diamante sia stato ricavato Giallo Tiffany, ma non ci sono ancora prove.
Semenzato entrerà anche nel cuore della città, mostrando i luoghi dove si lavoravano le pietre, dal un palazzo privato a Rialto che sulla porta d’ingresso ha ancora una decorazione di ferro battuto con le iniziali S.O. (Schola dei Oresi) al Sotoportego del Diamanter, tutte tracce che ricordano le maestranze che portarono Venezia nel mondo.
Vera Mantengoli
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