«Lavorare il 26 dicembre, uno scandalo»
«È scandaloso che anche il giorno dopo Natale, in un momento di serenità famigliare, quando c’è bisogno di recuperare un po’ di pace e tranquillità, i dipendenti siano costretti ad andare a lavorare». Il parroco di Dese, don Enrico Torta, leader dei movimenti dei risparmiatori offesi dalle banche e da anni oramai strenuo oppositore del lavoro “no-stop”, torna a tuonare contro i templi dello shopping.
La difesa. Dopo la ventilata volontà da parte della Nave de Vero di Marghera di aprire il giorno di Santo Stefano, don Torta torna a difendere i lavoratori e specialmente le lavoratrici. Premette il sacerdote 78enne: «Non sono contro i centri commerciali, ma contro la schiavizzazione e la massificazione. Oggi le madri non riescono neanche a vedere i figli da quanto corrono».
Sopruso. «Quello in atto è un sopruso delle multinazionali», prosegue, «le quali credono che la vita sia solo produrre e consumare. Spero che gli italiani se ne accorgano e tornino a mettere al centro delle loro priorità la qualità della vita, prima di diventare degli zombie: ci sono sei giorni a settimana fino a tarda sera per fare shopping, tra l’altro poche nazioni aprono sette su sette e feste comandate. Era così in Austria, ma c’è stata una levata di scudi dei fratelli evangelici che si sono messi insieme ai cattolici e hanno ottenuto la chiusura del sabato pomeriggio, delle domeniche e delle feste».
Crisi familiari. Domanda don Torta: «Perché siamo così passivi? Al di là della religione, lo stare assieme è un valore primario che va preservato, al contrario andando a fare le vasche il giorno di Santo Stefano o nelle domeniche ordinarie si perde l’occasione di andare a trovare un parente. Attraverso la pressione del sempre aperto, diventato una vera patologia economica, i giganti del commercio portano a incomprensioni e allontanamenti, sono responsabili davanti a Dio di sofferenze affettive e crisi familiari».
E ancora: «Non siamo solo rotelle di un macchinario che deve produrre e ingrassare gli ingranaggi di un meccanismo di cui non siamo padroni. È ora di dire basta, servono momenti di respiro, di pace, di riposo. Questa impostazione economica sta rovinando l’umanità: pochi potentati ci governano, noi abbiamo bisogno di costruire una realtà comunitaria: il liberismo esasperato sta uccidendo l’uomo».
Dignità da difendere. Conclude don Torta: «Difendiamo la nostra dignità e la nostra libertà. I lavoratori sono abbattuti, la gente è rassegnata davanti all’ingiustizia, cerchiamo di non essere polentoni: ce l’ha fatta l’Austria, e noi chi siamo?».
Domenica, no grazie. Ieri pomeriggio don Torta ha incontrato Tiziana D’Andrea, leader del movimento “Domenica No Grazie” del Veneto. «Abbiamo intenzione di lanciare un’assemblea pubblica a Dese, per riunire lavoratori e lavoratrici di Auchan, Valecenter, Nave De Vero e contarci», spiega. «È arrivato il momento di alzare la testa. Vogliamo aprire un tavolo di confronto con le direzioni dei tre grossi centri commerciali che accerchiano la città e provare ad approntare un codice etico, invitandoli a tenere chiuso. Altrimenti il 26 dicembre faremo di tutto per farci sentire».
Aggiunge: «Da che mondo è mondo il giorno dopo Natale si passa a cambiare la merce e sopravvivere fino ai saldi. Tenere aperto a Santo Stefano non ha nemmeno una logica commerciale, queste aperture sono folli anche sotto il profilo imprenditoriale e davvero incomprensibili per la maggior parte. Prima di tutto noi cerchiamo una mediazione, ma se non la troveremo, beh come “Domenica No Grazie” non ci arrenderemo e metteremo in atto azioni forti con la collaborazione dei dipendenti».
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