«Lasciati soli in trincea» L’assessore accusa lo Stato
Tre giorni dopo il vicesindaco, tocca a Gianfranco Bettin. Proiettile in busta e minacce: «Stai attento che ti teniamo d’occhio, fatti gli affari tuoi». Per Bettin non è la prima volta. Episodi inquietanti si sono succeduti negli anni. Scritte e minacce anche all’anziana madre, addirittura un tentativo di sequestro.
Non è una novità ma è un brutto episodio.
«Beh sì. Certo si fa presto a dire che è meglio una minaccia che un colpo in testa. Ma la minaccia non appartiene a una sfera diversa dall’attacco vero. Lascia comunque un segno, e dopo non è la stessa cosa».
Paura?
«No, paura no. Vado avanti a fare le cose che faccio. Continuo a lavorare sperando almeno che la sensibilità su alcuni temi possa crescere. Ma tutti questi episodi devono far riflettere».
Non c’è vigilanza?
«Succedono gli episodi e l’allarme dura tre giorni. Non c’è consapevolezza del fenomeno e delle sue implicanze sociali. Le indagini si fanno per i singoli casi, manca una visione complessiva, e la capacità di costruire strategie a largo raggio per avere conoscenza di quello che succede».
Un esempio?
«Sull’ambiente e le ecomafie stiamo facendo un bel lavoro, in collaborazione con le forze dell’ordine. Si dovrebbe fare altrettanto in altri campi criminali, a cominciare dallo spaccio di droga».
Invece?
«Ieri si è riunito dopo lungo tempo l’organismo che coordina l’osservatorio sulle tossicodipendenze. Hanno deciso di fare un corso di aggiornamento per gli operatori. Stop.»
Sulle minacce ha qualche sospetto?
«Mi sono occupato di molte cose negli ultimi anni, dalle ecomafie alla droga al traffico di rifiuti a Marghera. Ho rotto le scatole a molta gente, dunque non c’è che l’imbarazzo della scelta».
Qualche episodio recente che possa avere scatenato una reazione del genere?
«Di segnalazioni e denunce ne faccio una alla settimana. Mi sono occupato di temi diversi, i luoghi e le case frequentate dagli spacciatori, le sale gioco, il traffico di rifiuti a Marghera dove l’intreccio con la criminalità è storico...Ce n’è»».
Che tipo si nasconde dietro il proiettile e la minaccia?
«Le ipotesi sono tante. Potrebbe essere un matto, certo. I matti sono di due tipi: chi fa la bravata e si sente appagato dal fatto di vedersi sui giornali, di poter dire Sono stato io. Oppure quello che poi crea l’escalation. Che se ci sono le condizioni passa all’azione. Questi, ovvio, sono più pericolosi».
Potrebbero essere più d’uno gli autori delle minacce?
«Sì. Anche perché la calligrafia del mio biglietto è molto diversa da quello inviato a Sandro Simionato e intercettato dalla polizia. Anche il pensiero qui è più articolato. Non uno slogan secco, ma un vero avvertimento circostanziato».
Quindi una minaccia che va presa sul serio.
«Purtroppo sì, visti anche i numerosi precedenti».
Solidarietà da tutti, come spesso succede nelle ore successive.
«Sì, di questo ringrazio. Ma, ripeto, il problema è quello di mantenere gli occhi aperti sulla situazione che ci sta intorno. Capire i fenomeni sociali e criminali e la loro complessità, non fermarsi ai singoli episodi. Non basta più».
Due proiettili in pochi giorni a due assessori comunali.
«Purtroppo il fatto di essere nel territorio c’entra, è come essere in prima linea. Quando ero in Consiglio regionale ho avuto un periodo di tranquillità. Adesso mi occupo di cose nella mia zona, mi conoscono, sanno dove abito e cosa faccio. Non importa, andiamo avanti. Certo che lo Stato non aiuta. E negli ultimi anni ha sempre lasciato soli gli amministratori locali con i loro problemi, non li ha mai aiutati».
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