L’arte secolare in una nuvola di carta

Alberto Valese nel suo “regno” in campo Santo Stefano crea opere con una tecnica unica al mondo
Di Silvia Zanardi

Le nuvole non sono solo in cielo. Alcune galleggiano in un letto trasparente per trasformarsi in pesci, fiori, forme geometriche, plissè, uccelli, ombre e macchie lunari. Sono le nuvole di Alberto Valese, che in turco si chiamano “ebru”, e danno il nome all'affascinante e secolare tecnica di marmorizzazione della carta. Valese ne è uno dei massimi esperti al mondo, e pur combattendo con le difficoltà del vivere a Venezia come artigiano e appassionato del suo lavoro, riesce a trasformare in una storia ogni sua creazione. Nel suo laboratorio di Castello - un pian terreno dove gli spruzzi di colore finiscono sui mattoni a vista e l’arredamento è fatto di fogli arrotolati, pile di splendida carta marmorizzata, vasetti di tempere e famiglie di pennelli - prende forma l'infinita energia che si nasconde nell'estro di un creativo. In una vaschetta di gelatina – un miscuglio alchemico di licheni marini, acqua, formaldeide e gomma adragante che va preparato con 24 ore di anticipo – si fanno strada vaporose chiazze di colore che solo il fiele di bue riesce a rendere più leggere o più pesanti, a seconda del motivo che si vuole creare. Alberto Valese ne padroneggia il movimento con la maestria tipica di chi ha l’esperienza nel sangue, quella che solo una grande passione può far fiorire così spontaneamente nella bellezza. Tante gocce di verde, accostate una sull’altra, diventano le foglie di un fiore, chiazze più grandi di rosso si allungano a formare i petali di un tulipano, e per arrivare alla distesa di tante piccole onde, che da lontano sembrano le pieghe di un fazzoletto di seta, si torna all’insegnamento del maestro Duzgunman: siamo di fronte a un’ombrata spagnola. Alberto Valese, veneziano, è il primo artigiano ad aver portato a Venezia la tecnica della marmorizzazione della carta. In tutto il mondo ci sono collezionisti che ne custodiscono le opere, acquistate nel negozio di Campo Santo Stefano e spesso rilegate in libri dalla brava Fiorella Tonolotto. Valese si è avvicinato a quest'arte da solo, negli anni Settanta, partendo da Venezia poco più che ventenne alla scoperta di una tecnica rara che, per caso, lo aveva sorpreso mentre lavorava per la Scuola internazionale di grafica: «All’epoca era sconosciuta, ne avevo trovato alcuni esemplari e volevo saperne di più – racconta Alberto Valese – Così, con il supporto di Paolo Olbi, sono andato a Parigi e ho iniziato a documentarmi». Tutto è partito dall'unico libro esistente sull'argomento alla biblioteca nazionale parigina: il “Papiers de fantasie” del 1852. «Grazie a quel libro ho imparato i vari tipi di lavorazione e scoperto che il cuore pulsante di questa tecnica spettacolare era la Turchia, e, ancor prima, dal 1300 al 1660, lo erano stati la Cina e il Giappone». Niente di meglio per un giovane con il mondo in mano: da quel momento Alberto ha iniziato a viaggiare, a frequentare i mercati di Istanbul e a conoscere la Turchia attraverso l'abilità dei grandi maestri della marmorizzazione, fra cui il maestro-ebru Mustafa Duzgunman, di cui Valese ricorda quotidianamente i precetti. Dall'Oriente, la tecnica della marmorizzazione è arrivata in Turchia percorrendo la Via della Seta e approdando con il nome di ebru (che significa “nuvola”), per poi essere studiata e affinata dagli artisti ottomani, che da sempre detengono il primato delle carte più belle. Oggi, grazie a anni di meticolosa ricerca, rivive nella produzione di Alberto Valese. Nonostante le difficoltà: «Vivo e lavoro con la costante preoccupazione di non riuscire a continuare a fare il mio mestiere – dice Alberto, senza nascondere la tristezza – Affitti alti, spese alle stelle, turismo sempre meno colto: testimoniare questo senso di abbandono nella propria città, che per molto tempo si è retta sulla sua unicità e sulle sue maestranze, è davvero sconfortante».

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