L’arte della castradina rilanciata dai macellai
Madonna della Salute. Il presidente Battistel: «Una storia lunga quattro secoli teniamo care le nostre tradizioni, i turisti più preparati ci chiedono spiegazioni»
VENEZIA. La ricetta è sempre la stessa, da almeno quattro secoli. Carne di montone speziata, lasciata essiccare per due mesi, cucinata in brodo con le verze. Una pietanza antica, che a Venezia ha una tradizione e una storia. Adesso, a rilanciare la
castradina
, il piatto del giorno della madonna della Salute, ci pensa l’associazione dei Macellai veneziani. Erano 150 negli anni Ottanta, una storia e una potenza economica. Nell’Ottocento gestivano il Macello di San Giobbe, chiuso nella seconda metà del secolo scorso e oggi sede dell’Università. Oggi sono ridotti a poco più di una ventina in tutta la città storica. Molte delle loro botteghe, con ancora i simboli incisi nel marmo dell’arte dei
bechero
sono state rasformate in botteghe di souvenir e bar per turisti.
Il giovane neopresidente, Alberto Battistel, ha deciso di dare un segnale. «Ripartiamo dalle nostre tradizioni», dice con entusiasmo «difendiamo la storia secolare della nostra città. La castradina non è un pezzo di carne qualunque, la ricetta originale va conservata».
Per questo nel suo negozio di via Garibaldi a Castello, che gestisce con il socio Massimo Marcon, Battistel ha deciso di ricavare un angolo dedicato allo studio e alla conoscenza del piatto tipico del giorno della Salute. Due ricette antiche, che spiegano come si prepara la castradina. E una spiegazione a voce ai clienti. Non solo gli abitanti del sestiere di Castello, per fortuna ancora numerosi rispetto ad altre aree della città. «Ma anche», dice Battistel, «per i turisti culturalmente più preparati».
Così mentre ci si prepara la grande festa religiosa _ domani sarà aperto il ponte di barche sul Canal Grande, tra Santa Maria del Giglio e la Basilica della Salute – i veneziani si attrezzano per assaporare in famiglia o al ristorante il famoso piatto della tradizione. Carne di montone castrato proveniente dalla Dalmazia, cosce ricoperte di pepe ,sale e spezie e lasciate maturare per due mesi. Poi cotte in brodo insieme alle verze.
Si mangia il giorno della Salute, secondo la tradizione, perché proprio nel periodo della peste del 1630 erano stati i dalmati, allora sudditi della Dominante dall’altra sponda dell’Adriatico, ad assicurare rifornimenti di cibo a una Venezia stremata dalla terribile pestilenza che aveva quasi dimezzato la sua popolazione. La peste era due durata due anno, finita nel 1631 con la città in ginocchio, che aveva affidato allora all’architetto Baldassarre Longhena l’incarico di progettare e edificare il grande tempio come segno di riconoscenza e devozione verso la Madonna. Ancora oggi la carne utilizzata per preparare la castradina proviene in gran parte della Dalmazia. «Vogliamo dare un segnale di attaccamento alla nostra storia», dice Battistel. Che nel suo primo anno di gestione dell’associazione Macellai, presieduta per trent’anni da Elvio Cristante, un risultato importante l’ha già ottenuto: gli iscritti del 2017 sono rimasti gli stessi del 2016, nonostante l’aumento massiccio del turismo e il calo degli abitanti, scesi sotto quota 55 mila. Fermando per ora la tendenza alla chiusura dei negozi di vicinato e delle attività artigiane in favore delle rivendite turistiche. Di questi tempi, è già una conquista.
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