L’Ance accusa: «Le imprese edili trattate come appestate in banca»
«L’imprenditore edile che entra in banca viene ormai visto alla stregua di un appestato al quale opporre un rifiuto, qualunque sia la sua richiesta o la sua proposta. Siamo stati completamente abbandonati dagli istituti di credito nel silenzio più assoluto della politica».
Ugo Cavallin, presidente di Ance Venezia, l’associazione dei costruttori edili lancia l’allarme. Alle aziende edili veneziane, denuncia, viene «negata qualsiasi possibilità di accesso al credito». Il presidente di Ance Venezia dice: «Un atteggiamento inaccettabile se si considera che tra gli elementi fondamentali che hanno provocato la crisi di liquidità delle imprese edili ci sono i macroscopici e incredibili inadempimenti da parte dello Stato, delle Regioni e delle amministrazioni locali che non onorano i contratti stipulati con le imprese esecutrici». Insomma, gli enti pubblici tra i primi ritardatari nei pagamenti, non aiutano le aziende a ottenere credito presso gli istituti bancari.
Da tempo l’edilizia è tra i settori più colpiti dalla crisi economica: molti imprenditori segnalano proprio la difficoltà di accesso al credito come causa di tanti progetti bloccati. Pensiamo alla decina di torri progettate in questi anni a Mestre. Dall’ex Umberto I a via Ulloa, si tratta di progetti rimasti sulla carta.
Ugo Cavallin fornisce anche dati per confermare la situazione di abbandono in cui versano le imprese di costruzioni in provincia di Venezia.
In cinque anni, dal 2007 ad oggi, conferma il direttore dell’Ance, Antonio Vespignani, il numero di aziende iscritte alla cassa edile si è dimezzato: da 1.800 circa a poco meno di mille, 990 per la precisione. Dimezzato anche il numero degli addetti: gli operai iscritti alla cassa sono scesi da 11 mila a seimila. Gli impiegati hanno avuto anche una sorte peggiore dei muratori con una diminuzione che tocca il sessanta per cento.
Molte imprese edili hanno chiuso o sono fallite; altre, poche, si sono trasformate in promotori di interventi immobiliari in un mercato fermo. Colpa, dicono all’Ance, anche dei mutui non più al 100 per cento che hanno ridotto il potere di investimento di tante famiglie. Le prime a sparire sono state le aziende improvvisate, meno esperte; oggi la crisi colpisce anche imprenditori professionali e competenti.
E molti immobili oggi restano invenduti. Se ne stimavano almeno 3 mila in provincia di Venezia qualche anno fa. E anche il Piano casa ha aiutato ben poco il settore a risollevarsi.
«Lo Stato», continua Cavallin, «ha sostenuto il sistema bancario con ripetute misure di tutela. Alla luce di tali garanzie, il governo non ha mai esercitato nessuna forma di pressione sulle banche stesse perché svolgessero la loro principale funzione sociale ed economica: quella di sostenere il sistema produttivo». Una critica che il presidente dell’Ance rivolge anche al presidente del Consiglio Mario Monti visto il suo recente appello alle imprese per la crescita del paese
«Il governo ci chiede di respirare mentre, non onorando con tempestività i suoi debiti, ci strozza con le sue stesse mani. Mi pare un paradosso incredibile». La situazione veneziana è emblematica, continua Cavallin, e in questa seconda fase, quella della crescita, interventi come la semplificazione amministrativa, la riduzione delle spese della pubblica amministrazione, l’apertura alla concorrenza, per l’Ance non sono stati sufficienti. Cavallin conclude la sua denuncia: «Occorre che la politica stessa batta un colpo e dia un segnale forte di stimolo e di promozione dell’azione imprenditoriale». Anche sostenendo accordi con gli istituti bancari affinché riaprano i rubinetti del credito.
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