L’anatema di don Patriciello nel giorno di Cristina Pavesi
CAMPOLONGO. «Quell'individuo non merita di essere nemmeno nominato da noi, gente civile e pulita, tanto male ha fatto a Cristina Pavesi, da toglierle la vita nel fiore dei suoi 22 anni, alla sua famiglia, all'intero Comune di Campolongo Maggiore».
Queste le durissime parole pronunciate ieri dall'altare della chiesa di Campolongo da don Maurizio Patriciello parroco di Caivano Napoli, “terra dei fuochi”, durante la gremitissima celebrazione della messa di commemorazione del 25° anniversario della morte di Cristina Pavesi uccisa per mano del boss della mafia del Brenta Felice Maniero e dei suoi sodali. Morte avvenuta a causa di un assalto al treno portavalori a Vigonza il 13 dicembre 1990.
In chiesa oltre ai rappresentanti delle forze dell'ordine, c’era il gonfalone del Comune di Campolongo listato a lutto e sorretto dai vigili urbani. «Che colui che ha commesso questo scempio», ha detto Don Patriciello, «stia fuori da qui, viva pure dove vuole e faccia pure i suoi conti con la coscienza. Abbandonare Dio e commettere questo tipo di reati, è essere condannato alla vita randagia, di chi cerca un po' di pace ma non la trova, anche se è immerso nei soldi e con belle donne». Il parroco anti camorra ha lanciato insomma messaggio contro le mafie, la corruzione, sia quella politica che quella personale. «Vivere senza amore», ha detto don Maurizio, «non porta a nulla, porta alla morte interiore». Anche il parroco di Campolongo, don Emanuele Degan non ha risparmiato critiche all’ex mafia del Brenta. «Che tutto questo non abbia più a ripetersi nel nostro Comune», ha affermato don Emanuele, «dobbiamo imparare dalla storia e dagli errori fatti in passato».
Il gonfalone del Comune listato a lutto per tutta la durata della messa è stato sorretto da due vigili urbani. Infine sulla questione interviene Oriana Boldrin presidente dell’associazione “Mondo di Carta” e che nei giorni scorsi aveva invitato l’ex boss a presentarsi in segno di pentimento. «Campolongo», dice la Boldrin, «esce sempre a testa alta, in questi anni si è lavorato moltissimo per la cultura della legalità soprattutto con i giovani, la legalità deve diventare normalità. E non dimenticheremo Cristina, questa ragazza alla quale alcuni nostri ex concittadini hanno tolto la vita. Questa ragazza è stata sfortunata anche nella morte perché nessun giorno di carcere hanno mai fatto i suoi assassini, la famiglia non ha mai avuto giustizia, se non le scuse pubbliche dell'intera comunità di Campolongo ».
Alessandro Abbadir
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