L’Alcoa come l’Electrolux: salari tagliati o rischio chiusura
VENEZIA. Dal prossimo mese di marzo i dipendenti dell’Alcoa di Fusina - che ha disdetto il mese scorso l’accordo integrativo aziendale - si ritroveranno con il salario tagliato di un terzo o forse più, da 200 a 500 euro in meno al mese di indennità previste da vecchi accordi aziendali a vario titolo, a cominciare da quelle dei turnisti o dalle pause mensa.
Qualcuno parla già di «metodo Electrolux» ma sarebbe più opportuno chiamarlo «ritorno al passato» nel senso che pur di non perdere il posto di lavoro i lavoratori vengono costretti ad accettare consistenti tagli del loro già modesto salario che arriva ad un massimo di 1.400 euro al mese netti, che verrebbero così ridotti a livelli di dieci o quindici anni fa. È il caso dei quasi 300 operai del laminatoio «sopravvissuti» alla raffica di chiusure di reparti e riduzioni del personale che fino a dieci anni fa rasentava i mille dipendenti della sede veneziana di una delle più grandi multinazionali dell’alluminio al mondo, l’Alcoa che quindici anni fa ha rilevato, a prezzi superconvenienti, gran parte degli stabilimenti siderurgici dell’azienda pubblica Alumix, messa in liquidazione da Efim.
La disdetta unilaterale degli accordi aziendali di secondo livello - in vigore per tutti i dipendenti dello stabilimento di Fusina che produce una vasta gamma di laminati d’alluminio di alta qualità per mezzi di trasporto e navi civili e militari - è stata recapitata alle organizzazioni sindacali il 4 dicembre 2013, ma solo nei giorni scorsi c’è stato un primo incontro tra i delegati sindacale aziendali dei lavoratori e la direzione aziendale, in cui sono stati chiariti i termini e le cause dei tagli al costo del lavoro e quindi del salario di tutti i dipendenti. La direzione Alcoa, in premessa, ha confermato che il mercato europeo (dove Alcoa vende tra Italia, Germania e Gran Bretagna il 40% delle produzioni a fronte di un 23% che va in Cina) e mondiale dell’alluminio «è in ripresa» e per quest’anno si prevede un incremento della produzione nello stabilimento veneziano di 60 mila tonnellate a fronte delle 57 mila dell’anno scorso. Detto ciò, la direzione aziendale ha mostrato il lato peggiore della situazione: il 2013 si è chiuso con una perdita economica di 8 milioni di euro e se non si tornerà in pareggio la sede centrale della multinazionale, che si trova negli Stati Uniti d’America, sposterà le produzioni realizzate a Fusina in qualche altra parte del mondo dove Alcoa ha altri stabilimenti. Secondo l’azienda, per tornare competitivi bisogna aumentare la produttività e ridurre il costo del lavoro del 15-20 % che corrisponde ad un risparmio di 1,8 milioni di euro. Per ora l’azienda ha prospettato una serie di tagli a varie indennità che in totale, secondo i conti dei sindacati, porterà ad una riduzione del salario mensile da un massimo di 460 euro per chi ha più anzianità di lavoro a 200 euro. Sulla delicata questione i rappresentanti dei lavoratori e dell’azienda stanno ancora trattando e venerdì in fabbrica è prevista una prima assemblea dei lavoratori.
Per il momento i dirigenti dei metalmeccanici di Cgil, Cisl, Uil veneziane sono molto prudenti nei giudizi e puntano tutto sulla possibilità di ridimensionare i tagli prospettati dall’azienda in sede di trattativa. «Già nel 2003 Alcoa ha disdetto gli accordi di secondo livello», commenta Stefano Boschini, segretario della Fim-Cisl, «poi ci ha ripensato e in buona parte quello che era stato tagliato dal salario è stato recuperato. Quello che ci ha proposto l’azienda, naturalmente, non ci piace affatto, ma siamo convinti che si può negoziare e trovare il modo di recuperare competitività senza scaricare tutti il peso sul lavoratori».
Diego Panisson, segretario della Uilm veneziana, mette le mani avanti e avverte l’azienda: «La competitività nei mercati non si recupera tagliando il salario dei lavoratori, ma con un piano di investimenti produttivi in uno stabilimento, come quello veneziano, che produce laminati di altissima qualità che non ha eguali in Europa. Purtroppo Alcoa non ci ha presentato alcun piano produttivo, ma solo lacrime e sangue per i lavoratori che a questo punto rischiano di perdere salario ma anche il loro posto di lavoro. Infatti è lecito chiedersi: senza piani d’investimento che fine farà Alcoa a Fusina tra un anno o due?».
Anche la Fiom-Cgil ha già fatto capire di non essere d’accordo con la strategia dei tagli dell’azienda, ma Luca Trevisan, segretario della Fiom-Cigl, si è riservato di fare una dichiarazione pubblica solo dopo l’assemblea di venerdì prossimo.
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