L’albero confessore che prepara i caffè

Il libro di Mitia Chiarin invita a prendersi cura dei nostri vicini. Con una castagna

La castagna matta è la storia di un albero di nome Alberto che prepara il caffè, di una fermata dell’autobus, di dodici di persone che come funamboli camminano sul filo della quotidianità: c’è chi continua a guardare sotto e incespica, e chi trova il coraggio di fare il balzo giusto per arrivare dalla altra parte. È oltre questo balzo che, mettendosi le mani in tasca, queste persone trovano la castagna matta, che poi è l’amore nelle declinazioni dell’amicizia e dell’affetto, del prendersi cura delle persone vicine a noi, di cui questo libro ci insegna a essere più attenti, più curiosi. Non solo perché «ognuno dovrebbe averla la sua castagna da tenerla in tasca» e se non ce l’ha gliela possiamo donare noi, ma anche perché ognuno ha una storia da raccontare che ci aiuta a prendere le misure delle cose. Guardare la vita dal punto di vista, ad esempio, di Mario, il cui «scandire del tempo è segnato dai ponfi», palline che spuntano all improvviso, una all’anno, dopo una vita a lavorare a Porto Marghera, o con gli occhi di Otello, il vedovo quasi pensionato che conosce la donna della sua vita in un negozio di biancheria intima, o ancora di Aldo, che non riesce a staccare lo sguardo dal vuoto sotto il filo, o di suor Saracca, punita perché voleva fare l’amore con Gesù. I personaggi raccontati dalla giornalista della Nuova Mitia Chiarin in “La castagna matta” (e-book edizioni Blonk, 4.99 euro) per quanto possano sembrare strampalati sono i nostri vicini di casa, i nostri colleghi di lavoro, le persone con le quali viaggiamo sull’autobus e sul treno, e insomma siano noi, che ci confessiamo a un albero che ha il tempo per starci ad ascoltare. Confessioni la cui scrittura da fiabesca si fa crudissima - cannibale, si sarebbe detto un tempo - soprattutto nel racconto di Pallina, che affronta il problema del corpo della donne. Leggere questo libro sarà l’occasione per vederci con occhi diversi: «Che roba strana che siamo!» per parafrasare l’albero che per la prima volta si vede allo specchio. Albero che ci regala anche una bella immagine dell’amore, invitandoci a essere coraggiosi: «Credo che amare sia anche questa gran voglia di suonare questo campanello, anche solo per sentire la sua voce».

Francesco Furlan

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