Laguna, controlli nel caos e dati ignorati

I commissari del Consorzio Venezia Nuova chiedono più coordinamento tra enti e la trasparenza dei risultati delle analisi
Di Gianni Favarato

Le dighe mobili del Mose, la lunga “muraglia” del marginamento che dovrebbe mettere in sicurezza i terreni contaminati di Porto Marghera e le falde sotterrane, la manutenzione a il controllo ambientale dell’ecosistema lagunare minacciato da erosione, inquinamento e cambiamenti climatici.

A fronte di così tanti e importanti interventi - per un valore complessivo di appalti che sfiora i 10 miliardi di euro, tutti affidati al concessionario unico, il Consorzio Venezia Nuova - sui controlli per la salvaguardia della laguna regna «la massima confusione», sia sulle competenze che sulla trasparenza dei report ambientali e le conseguenti iniziative delle istituzioni preposte alla tutela.

Tant’è che dopo il terremoto istituzionale scatenatosi dopo i primi arresti della Tangentopoli del Mose, nel giugno del 2014, i commissari nominati a capo del Consorzio Venezia Nuova (Cvn) all’indomani dell’ispezione del commissario anticorruzione, Raffaele Cantone, hanno fatto presente al prefetto di Roma Franco Gabrielli (competente per un’opera del ministero delle Infrastrutture come il Mose) la necessità di «rimettere ordine» sulle competenze, i conflitti di interesse, la titolarità e il coordinamento dei controlli ambientali e la pubblicazione dei dati per informare debitamente l’opinione pubblica.

A dimostrazione del caos e dei giochi di interesse che ancora esistono sul fronte dei controlli ambientali in laguna, c’è l’inascoltato rapporto del 2010 della Sezione Antinquinamento del Magistrato alle Acque dal quale risultava già allora un’anomala crescita di ferro, zinco e cadmio dovuta al cedimento delle palancole della “muraglia” - costata 800 milioni e ancora incompiuta - che già stavano arrugginendo e cedendo.

Il problema messo in luce dai tre commissari, l’avvocato Giuseppe Fiengo, l’ingegnere Francesco Ossola e l’ex direttore delle Dogane Luigi Magisto, viene, infatti, da lontano. Fin dalla nascita, infatti, il Consorzio Venezia Nuova - che raduna varie imprese private con in testa i gruppi Mantovani e Mazzi - è stato allo stesso tempo sia il controllato incaricato di costruire le opere con un forte impatto ambientale nella laguna, come Mose e marginamento, che il controllore in quanto finanziava con i soldi che riceveva dallo Stato i controlli ambientali periodici. Il campionamento e le analisi di controllo di acque e sedimenti venivano eseguiti dalla Sezione Antinquinamento del Magistrato alle Acque, ma due anni fa - in seguito alla Tangentopoli del Mose che ha coinvolto direttamente anche due presidenti del Magistrato alle Acque - sono passati sotto la competenza del Provveditorato alle Opere Pubbliche che ha i giorni contati in quanto le sue competenze potrebbero passare entro l’anno alla Regione o alla Città Metropolitana, come vorrebbe il sindaco Luigi Brugnaro.

Il Provveditorato ha anche ereditato i due laboratori di analisi (esistenti a Venezia e Padova) dell’ex Magistrato alle Acque e entro quest’anno potrebbe cederli non si sa a chi, insieme al personale già ridotto così all’osso da rendere necessario l’utilizzo dei tecnici di Thetis (controllata dal Cvn) che a sua volta è in difficoltà - come denunciato dai sindacati - per il taglio di risorse e l’incertezza sul futuro delle sue attività e dei suoi cento posti di lavoro. Difficoltà legata al fatto che il Mose - da cui dipende quasi totalmente fin dalla sua nascita - dovrebbe essere concluso entro il 2018.

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