Lacrime e commozione per l’addio al dj Roby
MESTRE. I fiori dei compagni d’avventura della discoteca Mascara di Mantova, il toccante ricordo della madre, della fidanzata e del collega, il lungo applauso all’uscita della bara. Dopo aver fatto ballare per trent’anni alcune generazioni di giovani, Roberto Roby Canevese, 48 anni, ha ricevuto ieri l’ultimo commosso saluto del popolo della notte (e non solo), riunitosi in massa nella chiesa di Santa Maria di Lourdes di via Piave.
Almeno 400 persone, di tutte le età, si sono ritrovate nella parrocchia mestrina dove don Mirco Pasini ha celebrato il funerale di questo amatissimo disc jockey, morto pochi giorni fa dopo essere stato colpito da infarto in una piazzola dell’A4 fra Padova e Spinea, dove si era fermato con il suo furgone mentre era di ritorno da Mantova. L’addio a “Roby” si svolge in un clima di doloroso stupore. Un’ora prima della celebrazione cominciano a riunirsi gli amici di sempre, tanti coetanei che sono cresciuti con lui o che lo hanno ammirato e seguito nelle sue serate alla consolle. In una chiesa stracolma, spetta subito a don Mirco ricordare il dj, citando le parole della madre. «Roberto non beveva, non fumava. Viveva di Coca Cola, era sempre sorridente, nonché bravo e coinvolgente nel suo lavoro», esordisce il parroco. «Soprattutto aveva un sogno. Trasformare il mondo della notte in un ambiente sano, di incontro gioioso. Forse non è ancora giunto il momento - confidava alla madre - “ma voglio provarci”».
Quando sul pulpito sale la fidanzata, la commozione prende il sopravvento: «La vita adesso sarebbe più semplice se non ti avessi incontrato. Ciao vita mia, ciao Roby».
Il collega della discoteca Mascara, dove Roberto Canevese ha suonato per diciotto anni, invita i presenti a sorridere, a non lasciarsi andare: «Roby vorrebbe così», spiega, «perché lui era una persona positiva, solare. A me è stato affidato il compito di sostituirlo. Non sarà facile, ma seguirò il suo messaggio e lavorerò perché nel nostro locale il divertimento sia sano e pulito. Roby non aveva colleghi, aveva amici».
All’uscita della bara nessuno riesce a sorridere. Il popolo della notte è commosso e piange, mentre da questa sera la consolle del Mascara sarà inevitabilmente un po’ più vuota e silenziosa.
Gianluca Codognato
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