L’acqua che scorre lungo le idee restituisce carta, ombre, telline

Biennale Arte 2019, il filo conduttore dai taccuini incrostati di sale marino alle bricole in marmo

VENEZIA. L’acqua accarezza l’arte, la lava, e non s’asciuga. Uno spirito liquido corre da una padiglione all’altro, dai Giardini di Castello all’Arsenale, bagna pavimenti, troni di silicone; alza spruzzi, zampilla in grandi fontane, stilla dal soffitto oppure restituisce poeticamente migliaia di quaderni sulle spiagge del Mediterraneo.

All’acqua cheta della laguna è dedicata la mostra del Padiglione Venezia, curata da Giovanna Zabotti, che ospita le opere di sette artisti internazionali saldamente legati a alla città, tra cui le bricole in marmo di Fabio Viale, la struttura gonfiabile di Plastique Fantastique nella quale cammineranno i visitatori illuminati in controluce e, soprattutto, il cortometraggio di Ferzan Ozpetek, protagonista Kasia Smutniak, una e trina, ovvero donna, città e sirena dalle labbra viola per via delle ore passate in acqua, durante le riprese, senza fiatare.

Parlano la lingua del mare i tremila taccuini adagiati su un piano inclinato nel padiglione del Lussemburgo (alle Sale d’Armi), opera di Marco Godinho, ciascuno dei quali porta tracce di sabbia, di sale, il segno di un’alga, la furia delle onde. L’artista ha trascorso mesi a comprarli nei porti del Mediterraneo, a gettarli in acqua e ad aspettarli come i messaggi in bottiglia, sul bagnasciuga.

Arrivano dagli abissi le conchiglie incrostate su enormi cilindri di luce, con vago effetto hirstiano, che torreggiano nel padiglione dell’Arabia, sempre in Arsenale, come se il mare si fosse improvvisamente ritirato e avesse lasciato dietro di sé una scia di gusci, valve, telline.

L’acqua si fa minacciosa in fondo alle Corderie, dove, dietro la barriera di plexiglass ideata dai cinesi Sun Yuan e Peng Yu, un tubo di gomma si agita come un derviscio, bagnando una grande poltrona che sembra di marmo e invece è di silicone.

Piovono dall’alto le gocce di “Biologizing the Machine” di Yi, alle Artiglierie, staccandosi da grandi sculture biomorfiche luminose simili a crisalidi e cadendo all’interno di crateri, per evocare la melma marina e la muffa di Venezia.

E ancora, l’acqua diventa giocosa nell’installazione di Slavs and Tatars, alle Artiglierie, dove un ben noto profumo diventa ironicamente “Acqua di Georg”, di Giorgio Hammani, e ai visitatori che avranno voglia di fermarsi a riposare al fresco della fontana sarà offerta un’energetica bevanda a base di salamoia.

Sculture a forma di rubinetti pochi metri più in là, basate sull’alfabeto georgiano, per opera dell’artista Anna K.E. (in Arsenale), che invita gli spettatori a incrociarsi all’interno e all’esterno delle installazioni.
Democratica e leggera l’aqua vaporizzata all’uscita del Padiglione della Francia, ai Giardini di Castello, destinata, non appena arriverà l’estate, a diventare l’installazione più visitata. —
 

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia