La villa dell’ex vicesindaco dovrà essere demolita

Chioggia. Ordinanza del Comune impone a Gianni Grasso di agire entro 90 giorni La decisione dopo la sentenza della Corte d’Appello che ha confermato l’abuso
Di Diego Degan
Cà Lino: casa del vicesindaco Grasso sotto sequestro casa sequestrata, funerali bonivento e squizzato
Cà Lino: casa del vicesindaco Grasso sotto sequestro casa sequestrata, funerali bonivento e squizzato

CHIOGGIA. Demolizione in vista per la villa dell'ex vicesindaco Gianni Grasso. Da lunedì un'ordinanza comunale gli ingiunge «di demolire a propria cura e spese le opere, entro 90 giorni». In caso di inadempienza «il bene abusivo e l'area di sedime verranno acquisiti al patrimonio del comune».

Giunge così all'epilogo una complicata vicenda politico-giudiziaria iniziata nel lontano 2002, quando il sindaco era Fortunato Guarnieri e Grasso, suo vice, aveva presentato una Dichiarazione di inizio attività per costruire, in zona agricola, un'abitazione e due annessi rustici (un «complesso residenziale sfarzoso» secondo l'ordinanza) a Cà Lino. Il presupposto necessario era in base alla legge regionale 24/85, per Grasso, la qualifica di «imprenditore agricolo a titolo secondario» ovvero di esercitare un'attività agricola su un terreno, anche in affitto, e che la costruzione degli edifici fosse finalizzata al «miglioramento fondiario». Ma Grasso non realizzò mai quell'abitazione, rimasta al grezzo e priva di copertura, perché la sua iniziativa, venne segnalata alla magistratura con successivo rinvio a giudizio dello stesso Grasso, dell’allora dirigente del settore Urbanistica, i progettisti delle Dia, il tecnico agronomo, il direttore ai lavori. Il processo di primo grado, nel 2008, finì con la condanna di Grasso (e parte degli altri imputati). Il giudice stabilì, infatti, che la dichiarazione di Grasso di essere imprenditore agricolo a titolo secondario era falsa; che, anche in caso contrario non si sarebbe potuto realizzare quell'intervento con una semplice Dia; che anche il contratto d'affitto del terreno era «inefficace» e finalizzato solo a giustificare la costruzione dell'abitazione; che la perizia agronomica per il miglioramento fondiario era sostanzialmente falsa; che la giunta e il consiglio comunale avevano modificato il regolamento edilizio a favore di Grasso il quale era stato presente e votante nella riunione di giunta che lo riguardava; che sia l'architetto che il geometra che avevano asseverato la Dia, avevano attestato il falso. Contro questa sentenza i condannati avevano, però, presentato appello e, nel marzo 2014, la Corte d'Appello di Venezia aveva dichiarato, per tutti, il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione, ma aveva anche, nella motivazione, «concordato con le ipotesi accusatorie dei giudici di primo grado» ricorda l'ordinanza. Dunque nessun effetto penale, ma rimane la sanzione amministrativa dell'abuso che prevede la sua demolizione.

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