La tragedia dell’incrociatore Amalfi

Sempre le acque veneziane dell’Adriatico furono nel 1915 teatro anche dell’affondamento dell’incrociatore corazzato Amalfi da cui poi prese il nome il forte di Punta Sabbioni a Cavallino-Treporti. Anche quest’ultimo, varato nel 1908 e con un equipaggio permanente effettivo di 687 uomini, che con i complementi raggiungeva i 1328, fu affondato dall’implacabile ufficiale Von Heimburg.
Sul finire di giugno l’incrociatore Amalfi era stato inviato a Venezia per contrastare la flotta austroungarica e impedire azioni nemiche sulla costa e contro la città, sede dell’importante porto e Arsenale. Salpate le ancore nella notte del 7 luglio 1915 e uscita dalla laguna attraverso il canale di Malamocco, l’Amalfi puntò in mare aperto verso il largo di Chioggia dove era previsto l’incontro con due cacciatorpediniere e altre unità minori, con cui comporre una formazione da combattimento. Alle quattro di notte, le vedette dell’Amalfi avvistarono il periscopio di un sommergibile in rapido avvicinamento: si trattava dell’U-14 di Von Heimburg che aveva già lanciato il suo siluro che, in meno di un minuto, colpì la nave sul dritto di prua, in corrispondenza del locale caldaie centrale. I 140 kg d’esplosivo nel siluro di tipo G 125 da 450mm, provocarono un’ampia falla che cominciò a imbarcar acqua e a sbandare di venti gradi e al capitano di vascello Giacomo Riaudo, non restò che ordinare l’immediato abbandono della nave. Lo scafo in una decina di minuti si capovolse e fu inghiottito dal mare con le eliche in movimento. Le vittime furono limitate a 72 uomini, mentre gli altri 682 naufraghi furono messi in salvo dalle torpediniere “Calipso” e “Procione”. (f.ma.)
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia