La strage silenziosa: erano tremila, ora sono 800

L’eterna lotta tra gli animalisti che proteggono gli ungulati e gli allevatori che vedono minacciati i raccolti: «I numeri sono ancora alti, ci faranno danni»

FARRA D'ALPAGO. Sono 800, secondo l'ultimo censimento, di qualche mese fa, i cervi sull'altopiano del Cansiglio. Erano più di 3 mila quando, tre anni fa, i competenti organi regionali avevano deciso di decimarli, a seguito delle proteste degli allevatori. In quella circostanza, fu il presidente Zaia a salvarli, implorato anche da animalisti ed ambientalisti, sospendendo ogni operazione di caccia selezionata. «Non possiamo dare al mondo l'immagine di un Veneto che uccide un bambi», sintetizzò allora il governatore. Adriano De Stefano, presidente dell'Enpa di Treviso, e Tamara Pan, coordinatrice di altre associazioni di protezione degli animali, si sono ricordate di questa disponibilità e martedì, in piena emergenza, hanno coinvolto di nuovo Zaia con un appello: non lasciamoli morire di fame. Dopo poche ore la decisione di Zaia. Una scelta tutt'altro che scontata, poiché anche dai suoi uomini era stato osservato, dopo la denuncia de la Tribuna e de Il Corriere delle Alpi, che la morte di fame e di stenti degli animali in foresta fa parte della selezione naturale. «Nel caso specifico, però, il recinto era chiuso, non è stato aperto e, quindi, la prigionia, con tutte le conseguenze, è tutt'altro che naturale», ha protestato De Stefano, mentre Pan chiamava alla mobilitazione gli animalisti di tutta Italia. Animalisti che ora stanno applaudendo in Regione, mentre in Cansiglio gli allevatori non sono affatto soddisfatti. Ed anzi cominciano a preoccuparsi per quanto accadrà dopo lo scioglimento della neve, quando dalla Pedemontana trevigiana e da quella friulana, oltre che dalla conca dell'Alpago risaliranno in foresta gli ungulati che hanno svernato sulle alture collinari. La preoccupazione, insomma, è che i cervi ricomincino a figliare, quindi ad aumentare di numero, ancorchè i pascoli siano tutti recintati. In Cansiglio, peraltro, non ci sono soltanto cervi, ma anche daini. Basta scendere in Val Menera per vedere degli ottimi esemplari di questo animale. L'avvallamento è tra i più freddi del Veneto, ma la loro resistenza è forte. Furono i cacciatori, l'anno scorso, a provvedere il fieno quando le abbondanti nevicate ne limitarono l'alimentazione, salvo poi ucciderne qualche capo nei mesi successivi, come malignano alcuni ambientalisti. «I cervi non ci fanno eccessiva paura - ammette Paolo Casagrande, di Conegliano, ma con azienda agricola in Alpago, presidente del sindacato Anpa, che assiste anche gli allevatori del Cansiglio -, ma solo perché i nostri associati si sono tutti recintati, spendendo, tra l'altro, fior di quattrini, senza contributi da parte della Regione». Il problema è, secondo Casagrande, che non restino 800, magari anche qualche centinaio in meno; se ricominciano a risalire di numero è evidente che, nella disperata ricerca di alimentazione, ora che hanno consumato anche il sottobosco, daranno l'assalto ai pascoli, cercando varchi nei recinti, come è ancora accaduto». Recinti, si badi, che durante l'inverno, proprio in previsione della neve, dovrebbero rimanere aperti. Ed è ciò che in questi mesi hanno consigliato anche i Forestali e l'ente Veneto Agricoltura. «La maggior parte degli allevatori è sensibile e si è adeguata, altri ritengono che il solo calpestio dei cervi possa provocare danni irreparabili», fa notare Casagrande. Contro le recinzioni aveva ripetutamente protestato l'ex sindaco di Fregona, Giacomo de Luca, ma senza esito. Intanto, da queste parti, in Cansiglio appunto, da due anni non si fa più vedere l'orso. Anzi, la coppia di orsi che bivaccava in particolare sulle montagne di Tambre.

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