«La strada era senza il guardrail»
PORTOGRUARO. Sulla morte di Mario Pasin, l’agricoltore travolto e ucciso dal suo trattore il 24 settembre scorso in via Statuti, adesso vuole vederci chiaro la Procura di Pordenone. «La sistemazione del guardrail è avvenuta con estremo ritardo. Se fosse stata fatta prima probabilmente Mario Pasin non sarebbe morto. È necessario riscontrare se vi sia una responsabilità effettiva degli enti preposti della sicurezza e manutenzione di Via Statuti». Chi lo dice è Ermes Trovò, amministratore di Studio 3A di Dolo, che si occupa di infortunistica stradale, dopo che è stata depositata ieri mattina, davanti al Tribunale di Pordenone, la memoria prodotta degli avvocati Andrea Piccoli e Alessandro Menin per far luce sulle cause del decesso dell’agricoltore 75enne avvenuta lo scorso 24 settembre. Come molti si ricorderanno Mario Pasin, residente nella vicina Pradipozzo, intorno alle 9.30 di quel giorno era alla guida del proprio trattore e, per motivi ancora da appurare, è uscito di strada lungo via Statuti, a Lison. Pasin stava impegnando la rampa in salita del cavalcavia, per tornare a casa, uscendo di strada proprio nel punti in cui, il 10 settembre, il guardrail era stato divelto a causa di un incidente analogo, quando uscì di strada un furgone. Il guardrail, rivela lo studio, è stato ricollocato solo ieri. Nell’istanza ai giudici del Tribunale di Pordenone gli avvocati Menin e Piccoli, consulenti di Studio 3A, società di infortunistica stradale che sta assistendo i familiari della vittima, hanno avanzato la richiesta di accertamenti irripetibili per comprendere se effettivamente proprio la mancanza di quel guardrail sia stata decisiva per la morte dell'agricoltore 75enne. «Siamo lieti che il guardrail sia stato ricollocato», spiega Ermes Trovò, «ma secondo gli elementi in nostro possesso, ipotizziamo che la causa effettiva del decesso di Mario Pasin non sia un errore di guida, quanto piuttosto la mancanza della barriera metallica a bordo strada».
Rosario Padovano
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia