La sinistra veneziana riparte dal “no” alle estrazioni di metano
La sinistra riparte dalle trivelle. È più di un sostegno al referendum contro l’estrazione di gas in Adriatico quello annunciato ieri a Ca’ Farsetti da Felice Casson e da un buon numero di rappresentanti di partiti, comitati e associazioni ambientaliste. Tentativo di far «ripartire» la politica veneziana e la sinistra, ancora stordita da due anni di «renzismo» e soprattutto dalla conquista del municipio ad opera dell’imprenditore Luigi Brugnaro.
Si riparte dalla mobilitazione popolare, in vista di un referendum fissato dal governo in tempo di record. Il 17 aprile, fra meno di tre settimane, i cittadini sarano chiamati a pronunciarsi sull’abrogazione di un codicillo contenuto nel decreto «Sblocca Italia» approvato nel novembre del 2014, che ha perfezionato il Decreto sviluppo del 2012. «Si sblocca invece», accusano i promotori del referendum, ala possibilità per le compagnie di estrarre idrocarburi dal mare, e in particolare nell’Alto Adriatico, con la possibilità di aggravare i ben noti pericoli di subsidenza». La laguna di Venezia e il litorale ravennate sono ad alto rischio, come molte regioni che hanno firmato per avere il referendum, come la Puglia. Una consultazione che sarà anche un importante test per la politica se il quorum sarà raggiunto.
«Noi diciamo che la gente deve andare a votare», attacca Casson, ancora una volta in rotta di collisione con la maggioranza del Pd, «sarà un voto trasversale, perché i cittadini vogliono uno sviluppo sostenibile e la difesa del loro ambiente con energìe alternative». Prima uscita pubblica l’8 aprile al Palaplip, con un grande dibattito sul tema. Casson e la sua lista civica hanno invitato tra i relatori il consigliere regionale del Pd Graziano Azzalin, che si è schierato per il «sì» al quesito, in contrasto con il premier Renzi (che predica l’astensione), ma anche con Romano Prodi e la capogruppo Alessandra Moretti. Mobilitate anche numerose associazioni, tra cui Ambiente Venezia, Capo Aperto, Italia Nostra, la Cgil, Geeen Italia e Greenpeace, il Comitato metropolitano contro la riforma costituzionale, il Gruppo 25 Aprile e i giuristi democratici, Lega Ambiente e le associazioni Venezia Cambia e In Comune di Gianfranco Bettin, i Verdi del Veneto, Rifondazione, la Sinistra italiana e L’AltraEuropa-laboratorio Venezia. «Una battaglia che vede impegnato anche l’ambientalismo europeo», dice Luana Zanella, già parlamentare europea dei Verdi, «anni fa quando chiedevamo la sospensione delle attività estrattive ci dicevano: perché dovremmo farlo se dall’altra parte dell’Adriatico continuano? Adesso invece anche a Spalato e in Croazia sono sensibili a questo tema. È il momento di dire basta».
Secondo Cristiano Gasparetto, vicepresidente di Italia Nostra Venezia, i danni delle estrazioni sono enormi. «Vi sono caverne sottomarine che arrivano dall’Istria fino a ponte della Priula», spiega, «se Ravenna può sprofondare di metri, alla laguna bastano 50 centimetri per essere in emergenza». Francesca Faccini, vicecapogruppo della lista Casson, ha annunciato la presentazione dell’ordine del giorno sottoscritto da molti capigruppo lunedì prossimo in Consiglio comunale. «Vogliamo impegnare il sindaco Brugnaro a chiedere al governo il rispetto per aree sensibili dal punto di vista ambientale come la laguna di Venezia», dice, «i rischi sono tantissimi, e questo non porterà lavoro». Campagna per il «sì» al referendum di qui al 17 aprile. E per la sinistra sconfitta da Brugnaro la possibilità di ritrovare un ruolo.
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