La sentenza sposa la tesi degli avvocati della Città Metropolitana
VENEZIA. Seppur solo consultivo, il referendum per la separazione di Venezia da Mestre è illegittimo e non si potrà andare alle urne il 30 settembre, perché - in buona sostanza - Venezia capoluogo della Città metropolitana ha troppo pochi abitanti: se si dividesse da Mestre, «si troverebbe con una popolazione assai ridotta (ben inferiore ai 100 mila abitanti) e meno della metà di quella del nuovo Comune di Mestre. Il sindaco di Venezia resterebbe sindaco metropolitano, ma rappresenterebbe solo il 10 per cento della popolazione della Città metropolitana, mentre il sindaco di Mestre sarebbe ben più rappresentativo (esprimendo una popolazione doppia), facendo così venire meno «il principio di rappresentanza democratica che permane la nostra Costituzione».
Sono questi alcuni dei passaggi della sentenza con la quale il Tribunale amministrativo regionale presieduto da Maurizio Nicolosi (estensore Pietro De Bernardinis, referendario Silvia De Felice) ha annullato gli atti con i quali la Regione aveva indetto il quinto referendum per la separazione, supportato dalle 9 mila firme raccolte dagli autonomisti.
Accogliendo in pieno le tesi degli avvocati della Città metropolitana e del Comune di Venezia, i giudici del Tar hanno ribadito che essendo Venezia Città Metropolitana come da legge 56/2014 - la cosiddetta Legge Delrio - la sua divisione territoriale è a questa che deve fare riferimento e non alla legge 25/92 adottata dalla Regione Veneto, che vale per tutti i Comuni veneti, esclusa Venezia. In caso contrario - ribadiscono i giudici - se si andasse alla separazione «il Comune di Venezia diventerebbe una sorta di “scheggia impazzita”, non rispondendo più a basilari regole di rappresentanza democratica. Con riflessi gravi (“deflagranti”) sulle possibilità di funzionamento del nuovo Ente». Il sindaco della “piccola” Venezia si ritroverebbe a rappresentare gli 800 mila abitanti della provincia e se andasse in crisi Ca’ Farsetti, farebbe cadere l’intera “grande” Città.
La Legge Delrio prevede, infatti, che solo in caso di elezione diretta del sindaco metropolitano da parte di tutti i cittadini della provincia - non prevista dall’attuale statuto della Città metropolitana di Venezia - la divisione del Comune sarebbe addirittura obbligatoria, per «attenuare la preminenza del Comune capoluogo» ed «evitare una “concorrenza di rappresentatività” tra sindaco metropolitano e sindaco del comune capoluogo, ambedue eletti». In questo caso, sì a referendum su nuovi confini proposti dal Comune di Venezia, ma a votare sarebbe chiamata tutta «la popolazione interessata, che non può che essere quella dell’intera Città metropolitana». Da Chioggia a Portogruaro. Anche per questo - ribadisce il Tar - gli atti della Regione sono illegittimi, laddove prevedevano che ad esprimersi fossero solo i residenti di Venezia. —
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