La sceneggiata di O’ Cimmino «Sono solo un perseguitato»
CHIOGGIA. «Sono un perseguitato». O’ Cimmino, da vero napoletano, ha organizzato un po’ di sceneggiata davanti al giudice veneziano Massimo Vicinanza, che ieri lo ha interrogato nel carcere di Santa Maria Maggiore, dove è rinchiuso da tre giorni: dovevano esserci i suoi difensori , ma sono rimasti entrambi a Napoli e a difenderlo è stato chiamato un avvocato d’ufficio, il veneziano Luca Mandro. Del resto, il boss 55enne del Vomero Luigi Cimmino, arrestato a casa di un amico di Chioggia, un manovale casertano emigrato qualche anno fa in Veneto e denunciato a piede libero per favoreggiamento, non aveva grandi cose da dire, alla fine ha anche aggiunto che - raggiunta la sua città - avrebbe volentieri parlato con il pubblico ministero di Napoli che, assieme ai carabinieri, gli dava la caccia da qualche mese. E’ accusato di associazione a delinquere di stampo camorristico e di estorsione: «Questa è la quarta volta che mi accusano di quel reato, non è proprio giusto. Io non ho nulla a che fare con questa storia» ha aggiunto, quindi è tornato nella sua cella in attesa di essere trasferito a Napoli.
Cimmino è uno che gioca d’anticipo, dice chi lo conosce da tempo. Uno che, a dispetto della condizioni di presunta instabilità mentale che gli hanno consentito anni fa di strappare una patente da invalido (con tanto di contrassegno per il posto d’auto), sembra lucido e pronto a precorrere i tempi. Qualche giorno prima che venisse spiccato l’ordine di arresto, atteso dopo che la Cassazione aveva dato ragione alla Procura a differenza del Tribunale del riesame, non viveva più a casa, aveva abbandonato il domicilio dove da qualche mese risiedeva assieme agli altri componenti della propria famiglia. Una sorta di beffa servita in anticipo, all’insegna del basso profilo, quando ha capito che sul suo conto il vento stava cambiando e la possibilità di tornare in manette cominciava a diventare ipotesi reale. Così era arrivato a Chioggia: stando ai carabinieri, nella cittadina veneta sarebbe stato soltanto di passaggio e chi lo ospitava, probabilmente già sapeva che era per poco tempo. E i carabinieri di Napoli, appoggiati da quelli di Chioggia, sono intervenuti immediatamente, ritenendo che avrebbero potuto perderlo se si allontanava.
Naturalmente, ora sono in corso tutte le verifiche sul manovale casertano trapiantato a Chioggia: i suoi contatti di lavoro, le sue frequentazioni, le sue attività, in modo da capire se era davvero semplicemente uno che doveva ospitare il boss in un luogo ritenuto sicuro o se, per Cimmino, era qualcosa di più, un punto di riferimento anche per le sue attività, in particolare di riciclaggio. Ma, per ora, gli investigatori dell’Arma di Chioggia escludono questa seconda ipotesi, attorno al manovale non c’è nulla che possa far pensare ad un suo legame stretto con il clan del Vomero. Se non la stretta conoscenza con il boss che di lui si fidava.
Giorgio Cecchetti
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