«La scelta di Bertocco è un’accusa al governo»
La denuncia dei medici palliativisti a un convegno sulle cure di fine vita «Si tagliano i fondi destinati ai malati terminali e si investe sulle slot machine»
MESTRE. Il caso Bertocco è solo la punta di un iceberg che emerge dalle acque. Rappresenta un grido di allarme contro un governo che taglia i fondi all’assistenza di malati terminali investendo piuttosto nelle slot machine.
Questa la denuncia emersa durante il dibattito “Cure di fine vita. Informarsi per una scelta consapevole”, tenutosi al Centro Santa Maria delle Grazie su iniziativa della Fondazione del Duomo di Mestre e del Movimento dei Focolari. Il caso Bertocco è stato il punto di partenza tanto che il moderatore Alessandro Polet ha letto per intero il memoriale di Loris, l’uomo di Fiesso che ha deciso di farsi accompagnare in Svizzera per mettere fine alle proprie pene.
Davanti a una platea di circa 80 persone due medici hanno spiegato la differenza tra suicidio assistito, eutanasia e accanimento terapeutico. Il primo a prendere la parola è stato Alberto Marsilio, medico di medicina generale e geriatra. «Io vedo, soprattutto nel caso di Bertocco, una richiesta di aiuto. Dj Fabo e Bertocco sono i casi più importanti ma bisogna sempre studiare la patologia. È difficile dare una risposta a livello personale se la scelta sia sbagliata o giusta ma è una forma di protesta nei confronti di una società che trascura i malati incurabili e la nascita di uno scontro tra medico e paziente che crea una forma di sfiducia. Da medico dico che va valutato caso per caso anche per un problema di etica clinica: valutare se il processo di cura effettivamente migliora o no la qualità della vita».
Giampaolo Poles, medico palliativista, rilancia. «Ho seguito tanti malati terminali e credo sia necessario innalzare il livello dell’assistenza e domandarsi il perché di queste richieste. È dimostrato che dove l’assistenza è organizzata, i pazienti vanno avanti nel percorso di cura. Non tutte le malattie hanno un’uguale traiettoria e richiedono bisogni diversi. Non tutto può essere normato. ma ci deve essere qualcosa di relazionale che intercetti anche le esigenze più piccole. Prima di dare un giudizio mi chiedo sempre cosa ci sia dietro una decisione sul suicidio assistito. Altro discorso è l’eutanasia, che è una decisione volontaria spesso violenta quando si sa che ormai non si può aumentare la lunghezza o la qualità di vita. Bisogna valutare la circostanza, la storia di quella persona e le esigenze prima di prendere certe decisioni. Col progredire di una malattia terminale bisogna sempre guardare la qualità della vita e basarsi solo sui livelli di trattamento senza per questo arrivare all’accanimento terapeutico perché prima di tutto viene la dignità del paziente».
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