La protesta dei cinquecento: «Noi, esclusi dalla scuola»

Tanti i docenti veneziani che rischiano il lavoro: verso il blocco degli scrutini. Secondo il Consiglio di Stato, solo chi è laureato può continuare a insegnare

VENEZIA. Sono oltre cinquecento - secondo le stime dei sindacati - i docenti delle scuole elementari nel Veneziano che rischiano una retrocessione in graduatoria o, addirittura, il posto di lavoro.

È di questi giorni, infatti, l’ennesima puntata di un reclutamento del corpo docenti che negli ultimi anni ha creato non pochi problemi. Questi i fatti: prima di Natale, il Consiglio di Stato si è espresso in adunanza plenaria con una pronuncia orientativa che esclude dalle graduatorie ad esaurimento (Gae) – e cioè il canale che, insieme ai «concorsoni», assicura l’immissione in ruolo degli insegnanti – tutti quei docenti in possesso del diploma di abilitazione magistrale ottenuto entro il 2002, anno in cui si decise che per insegnare alle elementari serviva una corso di laurea. Dopo un periodo di incertezza giurisprudenziale, negli ultimi anni i Tribunali amministrativi avevano sempre ammesso nelle Gae, in via cautelare, i diplomati. Di tutt’altro avviso il Consiglio di Stato, secondo il quale «l’inserimento in una graduatoria, destinata a consentire per mero scorrimento lo stabile ingresso nel ruolo di docente, non dovrebbe prescindere da una seria ricognizione dell’esperienza maturata dai singoli interessati, di cui non sono noti né l’attuale iscrizione nelle graduatorie di Istituto, né l’eventuale, ulteriore percorso formativo seguito dopo il conseguimento (molto risalente nel tempo) del diploma abilitante».

Un terremoto: ma di quanti docenti si parla? Secondo i dati del Miur, in tutta Italia sono circa 43.600, tutti inseriti nelle Gae della scuola primaria e dell’infanzia con riserva. Tra questi, oltre cinquemila sarebbero coloro che nel frattempo hanno ottenuto l’immissione in ruolo, sempre con la medesima riserva: «In attesa di sentenza definitiva». Il timore tra gli insegnanti è che in molti, adesso, dovranno tornare a fare i supplenti nelle graduatorie degli istituti. Ora saranno i Tar a doversi pronunciare sulle centinaia di ricorsi presentati negli ultimi tempi. Certo è che un primo orientamento dei giudici già c’è stato. Polemiche si sono sollevate dai sindacati, che hanno definito la vicenda «una bomba a orologeria».

Secondo lo Snals, il rischio è quello di mettere a repentaglio la continuità didattica nelle classi. «Tecnicamente non è da escludere uno scenario assurdo: e cioè che a marzo, all’esito dei giudizi di merito, centinaia di classi si ritrovino senza insegnanti», l’allarme lanciato da Giovanni Giordano, segretario provinciale del sindacato autonomo. L’unica soluzione sarebbe quella di un intervento legislativo, che fughi qualsiasi incertezza. «E’ indispensabile una soluzione politica », continua Giordano, «ma per far questo serve un governo che voglia assumersi la responsabilità di intervenire e che soprattutto sia nel pieno delle sue funzioni. E questa fase storica non sembra la più adatta. Man mano che ci avvicineremo alle sentenze aumenterà il rischio che centinaia di persone debbano retrocedere in graduatoria. Chiediamo una tutela per tutti, ma in particolar modo per chi è già in ruolo». Su questo aspetto, concorda anche la Flc-Cgil: «Lotteremo fino alla fine – assicura la segretaria, Giusy Signoretto – perché almeno sia fatto finire l’anno agli insegnanti attualmente in servizio.».

Già minacciati scioperi e blocchi degli scrutini a partire dall’8 gennaio. Ma su questo punto la Cgil è cauta: «Aspettiamo il 4 gennaio», ragiona ancora Signoretto, «quando ci sarà un incontro tra sindacati e Miur: lì capiremo meglio come muoverci. Certo è che qualcosa era nell’aria, altrimenti quella riserva espressa nelle Gae e nelle assunzioni non ci sarebbe stata».

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