La Pietà dal volto di teschioScandaloso Fabre alla Biennale
Il volto della Madonna diventa un teschio e tra le sue braccia non più il Cristo morto, ma l'artista, vestito in abito da sera. E' la provocatoria "versione" della Pietà michelangiolesca dell'artista fiammingo Jan Fabre

Qui a destra la scultura principale del «Sogno compassionevole» di Jan Fabre
VENEZIA. La nuova Pietas veneziana di Jan Fabre, destinata a far discutere. Il volto della Madonna china sul Figlio diventa un teschio. E, tra le sue braccia, non più il Cristo morto della tradizione, ma lo stesso artista, vestito in abito da sera e avviato anch'esso a una rapida decomposizione, come testimoniano gli insetti - dalle farfalle, agli scarabei - che già indugiano sul suo corpo, mentre una sua mano sorregge un cervello. E' la «versione» della Pietà michelangiolesca dell'artista fiammingo con la passione per l'entomologia che fa già mostra di sé a Venezia alla Scuola Grande della Misericordia, anticipando la «maratona» della Biennale.
L'opera fa parte di un'installazione, intitolata appunto Pietas, fatta di cinque sculture - le altre sono cervelli ingranditi e solcati da tartarughe dal guscio rovesciato, trafitti da chiodi, sormontati da croci piuttosto che da alberi bonsai che fioriscono su di essi- in marmo di Carrara, lo stesso della scultura originale di Michelangelo. Le opere sono poste su una grande pedana dorata - alla quale si accede solo in pantofole - e la mostra è stata presentata ieri in anteprima a pochi giorni dall'apertura della Biennale Arti Visive e dalla sua inaugurazione ufficiale. Una scultura provocatoria il suo Sogno compassionevole ispirato alla «Pietà» michelangiolesca, ma Fabre - più volte presente a Venezia e alla Biennale in questi anni - nega ogni intento blasfemo e afferma come si tratti di un'opera-performance che mette in scena i veri sentimenti di una madre che vuole sostituirsi al figlio morto. Nidi - autentici - di gusci di scarabei colorati alle pareti completano l'opera, di questo artista visivo, oltre che scenografo e regista teatrale spesso accostato al suo omonimo, il celebre entomologo Jean-Henri Fabre, proprio per il suo interesse per gli insetti.
«E' legato al concetto di metamorfosi, di trasformazione - e lo scarabeo in antiche culture come quella egizia è considerato appunto un ponte tra la vita e la morte». E la Madonna con teschio è per l'artista, comne egli stesso spiega, una citazione della Vanitas in pittura, cioè della natura morta con elementi simbolici allusivi alla caducità della vita, di cui è ricca la produzione pittorica fiamminga barocca di cui Fabre si considera, in qualche misura, un erede. Chissà se tutti la penseranno allo stesso modo, in una città che ha tra l'altro da pochi giorni ospitato la visita del Papa e dove la dissacrazione religiosa è sempre vista con un certo sospetto. Ma anche l'anatomia e in particolare il cervello - conme già in altre esposizioni realizzate da Fabre in contemporanea alla Biennale cone nel 2007 con Anthropology of Planet e nel 2009 con From the Feet to the Brain - sono per l'artista un simbolo in qualche modo opposto alla spiritualità religiosa che evoca con la sua installazione e in cui anche l'oro della pavimentazione è un richiamo ai «tondi» della pittura religiosa. Un cervello capace, però, di provare compassione in questo memento mori riveduto e corretto che propone alla Misericordia nella mostra che sarà inaugurata il primo di giugno curata da Giacinto Di Pietrantonio e da Katerina Koskina, ma che fa già parlare di sé con il suo gioco d'anticipo.
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