La parrucchiera riconosce la collanina

Omicidio Pamio. Trovata nella casa della vicina. Il medico legale: «Chi ha ucciso ha infierito sul corpo»

MESTRE. La collanina d’oro di Lida Taffi Pamio, sequestrata nel portagioie trovato in casa di Monica Busetto, la parrucchiera dell’anziana signora l’ha descritta ieri in aula della Corte d’assise, incalzata dalle domande del pubblico ministero Lucia D’Alessandro e del presidente Arturo Toppan. Seconda udienza ieri per l’omicidio dell’ottantenne di viale Vespucci. Sul banco degli imputati l’inserviente del Fatebenefratelli Busetto, che solo alla fine della prossima udienza si farà interrogare dalle parti, il 25 settembre. Nel frattempo, la parucchiera mestrina ha riferito che Lida la portava sempre e che, a quando si ricorda, ci aveva attaccato due pendagli o due medagliette. Proprio su quel gioiello la Polizia scientifica di Roma ha rintracciato il dna della vittima e, inoltre, la collanina era stata strappata dal collo.

È la prova più pesante nei confronti dell’imputata. Prova che i difensori, gli avvocati Alessandro Doglioni e Stefano Busetto, cercheranno di smontare con il loro consulente, un medico legale che contesterà quelli dell’accusa, sostenendo che su quel reperto non sono state rintracciate tracce biologiche della vittima, così come del resto aveva affermato la stessa consulente del pubblico ministero chiamata per prima ad esaminare la collanina.

Poi è stata la volta del medico legale Antonello Cirnelli, che per l’accusa ha compiuto immediatamente dopo il ritrovamento del cadavere, il tardo pomeriggio del 20 dicembre 2012, il sopralluogo nella casa di Lida Taffi Pamio e qualche giorno dopo ha eseguito l’autopsia. Ha descritto l’appartamento e soprattutto le condizioni in cui è stato ritrovato il corpo: il viso deturpato dai numerosi colpi, i coltelli, uno con il manico mancante, piantati sul cadavere, il filo elettrico attorcigliato attorno al collo, la maglia tirata su a coprire il volto e la bocca piena di carta. Ha parlato di una violenza inaudita e soprattutto del tempo che chi ha ucciso ha impiegato per compiete quelle azioni. Non sarebbe stato il raptus di un momento ma chi ha ucciso ha infierito sul corpo per parecchi minuti e ha avuto il tempo per tornare sui suoi passi, ma non l’ha fatto. Ha proseguito nella sua opera, senza incontrare alcuna opposizione perché dopo i primi colpi sul volto, l’anziana ha perso i sensi e tutto il resto è avvenuto con lei distesa a terra e senza coscienza.

Il 25 settembre prossima udienza per ascoltare altri testi e il 6 ottobre confronto in aula tra i medici legale sul dna della collana. (g.c.)

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