La movida in Fondamenta Cannaregio: il chilometro dello spritz

Oltre trenta locali: è tra Misericordia e Ormesini che si sono spostati i giovani. Grande vivacità, ma anche proteste dei residenti

VENEZIA. Trenta tra osterie e ristoranti in poco più di seicento metri e un paio in procinto di aprire. Fa quasi un locale ogni venti metri. Ma la concentrazione aumenta in alcuni tratti, fino a raggiungere anche dieci bar nel raggio di una cinquantina di metri. In mezzo, un forno ancora in funzione, un ferramenta, qualche negozio ortofrutticolo, un’edicola-tabaccheria. Si presenta così la “rambla” di Venezia, un’unica fondamenta che va dalla Misericordia, attraversa gli Ormesini fino a le Capuzine. È qui il nuovo cuore pulsante della movida veneziana, ormai luogo di ritrovo prediletto per centinaia di ragazzi e ragazze. Si danno appuntamento, soprattutto nel week end e con la bella stagione, per un aperitivo e un cicheto all’aria aperta lungo il canale.

Molti locali, poi, collaborano con eventi collaterali alla Biennale e sono frequentati dal mondo “bohemien” dei giovani artisti veneziani. E c’è anche chi si dà da fare con la solidarietà: ieri, una ventina di locali ha donato a Emergency il 20% del ricavato. Ma è con l’arrivo della notte che “la Misericordia”, complici orari di chiusura laschi, si affolla. In seconda e terza fascia, ormai, campo Santa Margherita (colpito nei mesi scorsi da frequenti fenomeni di spaccio all’aperto) e l’Erbaria a Rialto. Il passaparola si è diffuso, e la Misericordia è ormai tappa anche per turisti e addii al celibato.

E se in molti, giovani coppie comprese, sono felici per la rinascita di un luogo di aggregazione a Cannaregio, c’è anche chi lamenta “una situazione infernale”. Sono soprattutto i residenti anziani, le cui finestre di casa affacciano su tavolini vocianti, schiamazzi notturni e bicchieri infranti fino all’alba. «Se capita di tornare a casa tardi, in fondamenta non si cammina più. E poi tutti quei bicchieri in vetro appoggiati per terra…» spiega Tiziano Mainardi, residente a San Girolamo. Lui, insieme alla moglie, vive da quasi cinquant’anni in questo tratto di Cannaregio ma questa situazione, dice, non l’aveva mai vista. «Negli ultimi anni i locali sono spuntati come funghi. Prima – dice – era pieno di negozi di vicinato. Ora la maggior parte ha chiuso in favore dei locali».

C’è chi, come Ivana Mescalchin, frequenta la zona solo per accompagnare la nipotina a scuola. Per lei, la situazione a Cannaregio è ormai infernale: «Tra Strada Nuova e fondamenta della Misericordia, non si riesce più a camminare, tra folla e sporcizia». Quella fondamenta, però, attira eccome. L’ultima apertura, in ordine di tempo, è del locale Officina di Enzo Afiero: «Sì, abbiamo deciso di aprire qui perché è il posto più frequentato di Venezia. E in effetti lavoriamo alla grande, sia con i veneziani che con i turisti. Problemi di maleducazione, però, finora nessuno». Anche perché c’è chi è costretto a rivestire un doppio ruolo: barista, ma anche guardiano. È il caso di Aldo Campalto, locale agli Ormesini dal ‘56. «La situazione è fuori controllo nel week end – dice – capita di riprendere ragazzini ubriachi. Niente risse, per carità, però perché non si è mai vista passare per di qua una pattuglia? Il problema è l’esplosione di licenze». È d’accordo anche Maurizio Adamo, titolare del celebre Paradiso Perduto: «Il modello osteria regge ma manca completamente una direzione culturale cittadina». Ma allora perché in tanti frequentano la “rambla” veneziana? Una spiegazione la dà Susanna Fabris, 30enne veneziana e frequentatrice della fondamenta. «Alla gente piace – dice – perché trasuda autenticità. È un concentrato di Venezia, offre il tipo di divertimento che piace ai residenti: puoi bere un calice, arrivare in barca, stare all’aperto». Il boom di locali degli ultimi anni, continua, porta però con sé un rischio: «Quello di annacquare questa sua unicità e di abbassare, anche qui come nel resto della città, la qualità d ell’offerta».

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