La moda di Fatima: un cappello al posto del velo islamico

Dall’Afghanistan all'Italia, la creazione della ragazza che studia design a Venezia. Un business che vale 330 miliardi di dollari
Fatima Amini in laboratorio a Venezia
Fatima Amini in laboratorio a Venezia
VENEZIA. «Le donne musulmane possono cambiare look: con un cappello al posto di velo e burqa». Fatima Amini studia fashion design a Venezia, ha un diploma e al velo dà un taglio, con le forbici di stilista. La platea potenziale della sua moda è quella di mille donne islamiche, in provincia e qualche centinaio a Sacile, dove lei abita e dove ci sono tante studentesse e ragazze con il velo.
 
«Tradizione, rispetto e innovazione nella fashion». È la bussola creativa di Amini è che è arrivata dall’Afghanistan nel 2009 e fa la pendolare tra Sacile, Venezia e Pordenone. «Il velo può essere islamicamente corretto – ha continuato – la moda per i musulmani in occidente è un fenomeno globale. Un giro d’affari che a livello mondiale vale 330 miliardi di dollari».
 
Il nuovo business sull’onda di nuovi stili? È la moda musulmana. Ha un potenziale alto di affari nel nordest e Amini ha creato l’alternativa, con la sua linea artigianale.
Per ora, perché i mercati mondiali si orientano al mix: una base occidentale di accessori, scarpe sportive con abiti a maniche lunghe, non trasparenti e non aderenti.
 
«Il primo modello l’ho progettato all’Isis Zanussi, dove mi sono diplomata quattro anni fa: un burqa rivisitato colore del cielo – racconta la ragazza –. Ho continuato la specializzazione allo Iuva a Treviso e poi a Venezia: le nuove generazioni dell’Islam guardano a occidente e quello che si deve fare nella moda è rinnovare gli stili, nel rispetto della tradizione».
 
Come dire capo coperto ma addio al velo e al burqa. Il punto di riferimento teorico è l’“islamic fashion council” che indica le tendenze mediorientali e asiatiche con l’innesto delle ragazze fashion bloggers musulmane, le “hijabistas” islamiche.
 
«In Iran mi hanno vietato l’università e ho fatto la valigia – ha raccontato la trentenne –. Per studiare nelle superiori a Pordenone e poi a Treviso e Venezia».
Diploma scientifico a Qom, la città sacra e integralista dei musulmani sciiti, poi Amini che ha origini afghane e lo status di rifugiata politica, è arrivata nel nordest. «I miei genitori sono profughi afghani, stanno in Iran da 35 anni – ha raccontato Amini –. Mio fratello è arrivato in provincia di Pordenone per lavoro circa 20 anni fa e mi ha proposto di raggiungerlo ad Arzene».
 
Nell’anno scolastico 2009-2010 ha detto addio all’Iran. «Non posso rientrare se non come turista – ha raccontato –. Dopo un periodo di soggiorno, divento un’ospite indesiderata per il governo di Teheran. Ho rivisto mia madre e il resto della famiglia dopo anni».
Il sogno professionale? «Lavorare in un’azienda di moda nel Veneto, fare la stilista. Parlo tre lingue: inglese, persiano, italiano e adoro la moda».
 
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