La maxi-truffa delle bibite scadute
Frode fiscale da 50 milioni. Ventidue denunce, le «menti» a Jesolo

Un momento della conferenza stampa della Guardia di Finanza che ha smentallato una maxi truffa di bibite scadute
JESOLO.
Cancellavano la data di scadenza dalle bottiglie e dalle lattine di bibite e birre per rimetterle in vendita. Frode in commercio, ma pure frode fiscale per un valore di 50 milioni di euro scoperte dalla Guardia di Finanza. Denunciate 22 persone tra cui un ragioniere commercialista di Jesolo, ritenuto la mente del business illegale. Evasa Iva per 16 milioni di euro.
Il ragioniere, assieme ad altre tre persone devono rispondere anche di associazione a delinquere finalizzata alla frode in commercio. Secondo l'accusa sono loro a tirare le fila dell'affare illegale. Tutto ha inizio quando i finanzieri della tenenza di Jesolo vengono a conoscenza che c'è un'azienda del posto che ritira bibite e birre in scadenza e dopo aver cancellato la data limite oltre alla quale non si possono consumare, le immetteva nuovamente sugli scaffali dei negozi. Dopo avervi stampigliato una nuova data falsa di scadenza. Dopo vari accertamenti i militari decidono di far irruzione nel capannone di Eraclea dove la ditta, con sede legale a Jesolo, ha il suo deposito. Qui sorprendono una decina di dipendenti cingalesi che con il solvente stavano cancellando, dal fondo di lattine di Coca Cola e dai colli di bottiglie di birra, la data di scadenza. Mentre altri utilizzando un macchinario apposito, stampigliavano la nuova data di scadenza. Allungavano così la posssibilità di consumare un prodotto scaduto all'insaputa di chi acquistava prodotto. A quel punto l'intero deposito è stato sequestrato. A ben cinquecentomila, tra lattine e bottiglie di bibite e birra, sono stati messi i sigilli. Da quel momento sono iniziate le indagini per ricostruire la rete distributiva delle bibite scadute. È stato un lavoro non facile e lungo che ha portato i finanzieri in diverse parti dell'Italia del Nord e all'estero: oltre al Veneto, in Emilia Romagna, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Austria, Olanda, Slovenia e Repubblica Ceca. Sono stati individuati numerosi punti vendita dei prodotti scaduti e tra questi anche due supermercati della zona di Jesolo che appartengono alla stessa società che ha messo in piedi il business del prodotto scaduto. La gran parte dei titolari dei punti vendita erano ignari della frode. La ricerca dei prodotti scaduti ha consentito ai militari di scoprire anche una vasta frode fiscale con evasione dell'Iva per milioni e milioni di euro. E questo come spesso capita utilizzando fatture false con l'intento di documentare fiscalmente numerosi passaggi di ingenti quantitativi di merce in realtà inesistente, ma che in realtà serviva a «regolarizzare» davanti al Fisco i prodotti scaduti e rimessi sul mercato. Il sistema prevedeva la craezione ad hoc di società cartiere - nascevano con lo scopo di emettere fatture false e poi sparivano - intestate a «teste di legno» nullatenenti e altre società filtro che registravano solo il falso passaggio della merce innesistente. Società create anche all'estero. Questo con lo scopo di allontanare dagli organizzatori della frode i sospetti durante eventuali controlli. La ricostruzione dei passaggi documentali della merce ha permesso di accertare una frode fiscale da oltre cinquanta milioni di euro (su questa cifra gli organizzatori del business devono pagare il 37 per cento di tasse) e un'evasione dell'Iva di sedici milioni di euro. Alla fine sono state individuate ventidue società che consentivano l'illecito, di cui quindici in Italia. Denunciate ventidue persone, tra cui i quattro jesolani organizzatori della frode.
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