La “Mano” dimenticata trasformata in discarica

L’opera del cileno Irarázabal arrivò vent’anni fa in città per la Biennale Trasferita dall’Arsenale in via della Libertà, da anni si sgretola nell’abbandono
La statua della mano di via Righi ridotta ad immondezzaio, Mestre
La statua della mano di via Righi ridotta ad immondezzaio, Mestre

MARGHERA. Laforza evocativa di quelle dita che escono dalla terra, come a dire “Sono qui, sono sopravvissuto” sono finite dimenticate in un angolo tra il parco Vega e il cantiere della Fincantieri.

Dita sorrette oggi da ferri, per evitare lo sgretolamento, come un malandato arto in trazione. Alla base una discarica di bottiglie di birra vuote.

La “Mano” dello scultore cileno Mario Irarázabal è stata vergognosamente dimenticata da tutti, abbandonata senza restauri, senza una degna ricollocazione, senza che qualcuno si premuri di ripulirla dalla discarica di rifiuti di cui è circondata.

E pensare che il prossimo anno saranno passati vent’anni da quando la “Mano” è arrivata a Venezia, per la Biennale 1995. Prima esposta in campo dell’Arsenale, poi sfrattata, dopo le proteste e le azioni legali di vari residenti, e finita in via della Libertà in area Vega, tra le auto in sosta vicino al parco scientifico tecnologico e l’ingresso della Fincantieri. E qui è stata dimenticata da tutti. «Da assessore alla Cultura mi trovai alla fine di quella Biennale a dover decidere per lo spostamento, dopo la denuncia di chi non la voleva vicino all’imbarcadero dell’Arsenale», ricorda Mara Rumiz, ex assessore della giunta Cacciari dell’epoca. Contro la scultura in centro storico, ricorda la Rumiz, arrivò una ingiunzione per l’occupazione del suolo e il Comune dovette decidere lo spostamento in terraferma, con una scelta che non ha affatto valorizzato l’opera dell’artista cileno.

«Decidemmo di spostarla in area Vega perché lì era ospitato il consolato cileno. Ma l’impegno assunto dal Vega allora era di ricollocarla poi sul tetto. Purtroppo, gli anni sono passati e di quel proposito non se ne è fatto nulla», ricorda la Rumiz, La “Mano” dimenticata ora rischia di sgretolarsi nell’immobilismo di una città che l’ha dimenticata. Chi aveva in questi quasi vent’anni sperato di vederla spostare altrove, nel verde del parco di San Giuliano o in quello di Forte Marghera, è rimasto deluso. Ogni tanto qualcuno denuncia la vergogna dello stato di abbandono ma non si vedono all’orizzonte le ramazze di Veritas per una doverosa pulizia. Le foto che pubblichiamo parlano da sole. La “Mano”, per la cronaca, in attesa che la città si ricordi di lei una piccola rivincita se l’è presa: è diventata la protagonista di un romanzo, “Un posto dove stare” di Tiziana Plebani (Edizioni La Toletta) che immagina una riscoperta di questa scultura da parte di vari personaggi che tentano di ridonarle una dignità perduta.

Tema oggi quanto mai attuale di fronte all’abbandono in cui versa la scultura dell’artista cileno.

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