La madre del tecnico rapito in Libia: «Abbandonati dallo Stato»
MARTELLAGO. L’angoscia di una mamma, che non vede un proprio figlio da quasi cinque mesi, andato in Libia per lavoro perché in Italia faticava a trovarlo, e di un altro che a ottobre finirà la mobilità.
Si sfoga la signora Gelsomina, madre di Gianluca Salviato, tecnico di 48 anni e affetto da diabete rapito il 22 marzo a Tobruk, cittadina che si trova nella regione orientale della Cirenaica in Libia, area dove l’azienda friulana per cui lavora.
Una donna che ce l’ha con il silenzio che avvolge il rapimento e con il decreto legge sulle carceri approvato pochi giorni fa, dove ai richiedenti asilo vengono dati 42 euro al giorno e 8 euro ai detenuti.
«I nostri figli disoccupati e disperati» dice la donna «devono andare all’estero, anche in Paesi pericolosi, pur di lavorare. Gianluca è ostaggio in Libia e la sua unica colpa è quella di voler trovare un impiego. Ed è stato rapito. Non voleva andarsene dall’Italia, non aveva alternative ed è stato costretto a trasferirsi. Ho un secondo figlio idraulico, stavolta di 46 anni, che fra due mesi si troverà sulle spalle dei genitori pensionati perché gli scadrà la mobilità. Chi ci governa è una vergogna e non posso che essere arrabbiata: si dovrebbe dare una mano agli italiani perché non si può morire di fame».
Le sue parole, però, si collegano alla preoccupazione di una famiglia che da quasi cinque mesi non ha notizie su dove si trova Gianluca Salviato, sposato e residente a Trebaseleghe, e sulle sue condizioni. Per giunta dal Nord Africa arrivano resoconti di un Paese nel caos, dove manca l’energia elettrica e le ambasciate chiudono, ad eccezione di quella italiana.
«Mi viene da piangere sempre» continua la donna «e davvero non abbiamo novità nonostante i contatti con la Farnesina. Non possiamo certo stare più tranquilli e i timori vanno anche per la malattia di mio figlio».
Sul caso di Gianluca il nostro Ministero degli Esteri sta cercando di condurre trattative per arrivare alla sua liberazione.
Gianluca era stato prelevato con la forza mette stava facendo un sopralluogo per la manutenzione di un impianto di fognature in una zona considerata ad alto rischio a causa degli scontri tra differenti tribù e fazioni.
I colleghi, non avendolo più sentito, erano andati alla sua ricerca e avevano trovato la sua auto di servizio vuota. All’interno ancora tutti gli effetti personali e anche le medicine salvavita per curare e tenere sotto controllo il suo diabete.
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