La lieve danza delle meduse minacciata dal moto ondoso

Vera Mantengoli
Non sono passate inosservate le tante meduse che ieri mattina si lasciavano ondeggiare indisturbate nei canali veneziani, in particolare a Santa Marta. La specie è chiamata medusa quadrifoglio perché, sull’ombrello trasparente, si intravedono quattro cerchi rosa che sono in realtà gli organi riproduttivi.
Il nome scientifico è Aurelia aurita e la prima traccia della sua presenza a Venezia risale al 1847, come ricorda il celebre naturalista veneziano Domenico Nardo nel suo “Prospetto della fauna marina volgare”. La quantità di meduse quadrifoglio non è da ricondursi però ai canali limpidi e cristallini, quanto piuttosto al vento degli ultimi giorni, come spiega il direttore del Museo di Storia Naturale Luca Mizzan che coglie l’occasione per ricordare di fare tesoro di com’era Venezia durante la quarantena: «Abbiamo visto una città unica senza moto ondoso», ricorda, «tuttavia sembra che non abbiamo imparato nulla perché si sta ricominciando a tornare a correre sull’acqua come prima, ma l’acqua non è fatta per correre. Ha una potenza incredibile, può spostare dei pesi giganteschi, ma lentamente».
Crolla quindi il mito che le meduse stiano dove l’acqua è pulita. Non è così. Diciamo che sono una specie un po’ vagabonda che vive alla giornata. Le affascinanti creature non sanno infatti dove vanno, ma vivono trasportate dal vento e dalle maree. Questa sorta di danza continua in balìa delle onde e dell’aria dura al massimo qualche mese, fino a quando muoiono, sciogliendosi. «Le meduse quadrifoglio sono innocue perché hanno la calotta grandissima, ma i tentacoli cortissimi» spiega Mizzan. «Al massimo, possono andare su e giù, spostandosi verticalmente per mangiare il plancton, ma loro stesse sono considerate plancton, come tutte le specie che, pur muovendosi, non riescono a opporsi alla corrente».
Proprio per questo la presenza delle meduse ieri è la probabile conseguenza del vento e della marea. «Il vento le raggruppa in banchi e la marea le sposta» prosegue il biologo marino, «non sono velenose. Vivono in mare, ma possono stare anche nell’acqua salmastra della laguna, come aveva già notato uno dei naturalisti più famosi, Domenico Nardo, nel 1947. Nel Museo abbiamo moltissimo di lui».
La medusa quadrifoglio è attualmente al centro di un acceso dibattito tra gli esperti del mondo marino. «I genetisti sostengono che ci siano diverse Aurelia Aurita, a differenza di chi sostiene che sia una specie cosmopolita» continua Mizzan. «Rimane il fatto però che Nardo nel 1847 la conosceva bene».
Intanto, mentre i genetisti fanno a gare a chi per primo scoprirà l’origine dell’Aurelia aurita, ecco cosa scriveva Nardo: «Di questa classe non conosconsi specie che possono dirsi abitatrici della laguna, tuttavia nell’estiva stagione il flusso marino trasporta nelle nostre acque buon numero d’individui, i quali vagano erranti per esse finché col riflusso tornano in mare o restano a secco sui lidi o sulle barene, ove sciolgonsi in acquosa sostanza, come l’Aurelia aurita». —
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