La laguna avvelenata, emergenza nazionale

Il 21 giugno arriva la Commissione parlamentare d’inchiesta sugli illeciti nel traffico dei rifiuti: Ministero, Regione, Comune e Porto sotto accusa

MARGHERA. Come se niente fosse. Né il ministero dell’Ambiente né tantomeno il Comune di Venezia e la Città Metropolitana guidate da Luigi Brugnaro, la Regione amministrata da Luca Zaia e l’Autorità portuale di Venezia sembrano preoccuparsi della grave contaminazione ambientale della laguna e dello sperpero di denaro pubblico per un’opera incompiuta del costo di oltre un miliardo di euro, affidata anche questa - come le dighe del Mose - al concessionario unico, ovvero il Consorzio Venezia Nuova, da tempo sotto indagine della magistratura veneziana.

Tant’è che la Commissione parlamentare d’inchiesta sugli illeciti nel traffico dei rifiuti - composta da deputati e senatori - ha deciso di venire in missione a Venezia il 21 giugno per “dare una scossa” agli amministratori pubblici locali e al ministro dell’Ambiente Galletti, espressamente invitato ad essere presente.

Commissione. A Venezia il mese prossimo arriveranno il presidente della Commissione d’inchiesta bicamerale, Alessandro Bratti, insieme alla relatrice del rapporto sulla situazione delle opere di messa in sicurezza e bonifica del sito di interesse nazionale di Porto Marghera, Miriam Cominelli, e a la senatrice veneta Laura Puppato, membro della Commissione d’Inchiesta sugli illeciti nel traffico dei rifiuti. «La Commissione ha deciso di venire a Venezia per fare il punto e sbloccare uno stallo inaccettabile», spiega Laura Puppato. «Tutto ciò dopo che abbiamo documentato la drammatica situazione ambientale esistente a Venezia, Porto Marghera e nell’intera laguna a causa della mancata messa in sicurezza delle aree contaminate di Porto Marghera e la loro bonifica per permettere il rilancio delle aree industriali abbandonate negli ultimi decenni».

L’incompiuta. Sei mesi fa la Commissione parlamentare d’inchiesta ha denunciato l’incompiuta opera di messa in sicurezza, già costata 780 milioni di euro dello Stato, in gran parte provenienti dai risarcimenti ambientali pagati da Eni, Montedison, Alcoa e tutte le altre industrie che hanno operato e operano a Porto Marghera. L’opera dovrebbe proteggere la laguna, l’ecosistema e il ciclo alimentare che la caratterizzano, dal dilavamento delle micidiale sostanze tossiche e bioaccumulabili di cui sono imbottiti i terreni delle macroisole di Porto Marghera. Ma a tutt’oggi, la situazione non è cambiata e dei fondi promessi (circa 250 milioni) da ministero, porto e amministrazioni locali per completare le opere in questione, non si è visto nemmeno l’ombra.

Responsabilità. «Comune di Venezia, Regione Veneto e Autorità Portuale», aggiunge la senatrice del Pd, «dovranno assumersi le loro responsabilità istituzionali e spiegare cosa stanno facendo per completare le opere di risanamento ambientale. La situazione è drammatica, anche se il sindaco Brugnaro e il governatore Zaia sembrano voler ignorare del tutto il problema».

AGOSTINI AG.FOTOFILM TREVISO INCONTRO A S. CATERINA ''L'ANNO DEI DIRITTI'' CON MONICA CIRINNA'
AGOSTINI AG.FOTOFILM TREVISO INCONTRO A S. CATERINA ''L'ANNO DEI DIRITTI'' CON MONICA CIRINNA'

Muraglia. Dopo quasi dieci anni - come scrive la Commissione d’inchiesta nel suo rapporto finale - è stato realizzato il 94 per cento delle opere previste. Risultano così ancora da eseguire circa 3,5 dei 44 chilometri previsti di “muraglia” (provvista di palancole che sprofondano fino a 12 metri e sono provviste di una condotta di raccolta e smaltimento delle acque contaminate) e non è stato completato il sistema integrato di raccolta e drenaggio delle acque di falda e del loro collettamento al depuratore dei Fusina, come prevede l’Accordo di programma del 2012. «Si tratta di una vicenda tragica per i suoi effetti su cittadini e ambiente», continua la Puppato. «Lo Stato dovrà sborsare altri fondi per terminare il marginamento, ma intanto tutti gli inquinanti principali provenienti dall'industria continuano a contaminare la laguna e si aggrava il processo di erosione delle sponde dei canali industriali e della gronda lagunare».

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