«La gondola è stata costruita male». Il pope va in Appello

Il gondoliere Massimo Manfreda trascina di nuovo in tribunale (dopo aver perso in primo grado) lo squero Tramontin, accusato di avergli costruito una imbarcazione non a regola d'arte. 

VENEZIA. Da una parte Massimo Manfreda, pope di Bacino Orseolo. Dall’altra lo squero Tramontin, il più noto in centro storico. In mezzo, la costruzione di una gondola che, secondo Manfreda, non sarebbe stata “cucita su misura”. Per questo il gondoliere, con gli avvocati Augusto Palese e Paolo Vianello, ha citato lo squero davanti al giudice, chiedendo che venga dichiarato risolto il contratto di compravendita della gondola e gli siano restituiti quasi 38mila euro. Ha perso in primo grado e ora ha presentato appello, forte di un parere pro veritate di un ingegnere che arriva a conclusioni difformi rispetto a quelle del consulente tecnico d’ufficio nominato dal giudice di primo grado.

La gondola finita al centro del procedimento era stata varata nel luglio 2012. A costruirla, gli artigiani dello squero Tramontin, rappresentato dall’avvocato Jacopo Trevisan, a cui si era affidato Manfreda, si legge nell’atto di citazione d’appello, «per avere una gondola idonea a svolgere agevolmente la propria attività che tenesse conto delle specificità del gondoliere (peso e altezza) e del luogo di lavoro (il Bacino Orseolo e, dunque, i ponti particolarmente bassi che lo circondano), e che fosse conforme alla migliore tradizione di costruzione». Una volta provata la gondola, tuttavia, Manfreda aveva rilevato una «grave anomalia costruttiva» che comportava una errata postura del gondoliere, oltre che problemi di maneggevolezza e stabilità. Tramontin si era offerto di zavorrare la gondola così da cercare di risolvere il problema. Una proposta che il pope aveva rifiutato. Discordanti anche le tesi sul possibile rientro della gondola. Il consulente nominato dal giudice aveva escluso l’esistenza di vizi di costruzione e su queste basi in primo grado era stata data ragione allo squero. Manfreda ha impugnato la sentenza contestando tra l’altro la mancata prova della risoluzione del contratto per reciproco consenso tra le parti (anche sulla base di alcune testimonianze) e sostenendo che la gondola in questione sarebbe potuta tornare sul mercato. E ancora che il consulente del giudice non ha preso posizione sull’occultamento della zavorra all’interno della gondola. A sostegno della posizione dell’appellante, la consulenza di un ingegnere che smentisce le conclusioni del professionista incaricato dal tribunale. L’appuntamento davanti al giudice di secondo grado è fissato per il 9 aprile.

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia