La Fpt realizza navicelle spaziali

S. M. di Sala. L’azienda lavora per la Nasa costruendo i serbatoi per propellente senza saldature
Di Filippo De Gaspari

SANTA MARIA DI SALA. Altro che far decollare le imprese. Gabriele Piccolo, titolare della Fpt Industrie, ha mandato la sua direttamente in orbita. E così il Nordest scopre di essere leader nell’industria aerospaziale. Chi l’avrebbe mai detto? Via Fermi, cuore della grande zona industriale lungo la Noalese: qui, nei capannoni della Fpt, 130 milioni di fatturato e oltre 400 dipendenti provenienti da undici nazioni diverse, capace di esportare il 90% della produzione, si costruiscono macchinari e componenti per navicelle spaziali e aerei che “bucano” il muro del suono. L’azienda esiste da 45 anni, ma la frontiera della robotica spaziale è stata varcata di recente, circa sette anni fa. L’università di Cambridge cercava di sviluppare un brevetto internazionale che prevede l’unione delle leghe applicata al settore aerospaziale. Si tratta in sostanza di unire i metalli, invece che per fusione, attraverso l’estrusione. Gli universitari inglesi si sono arrovellati nel loro brevetto per anni, cercando chi fosse in grado di tradurre la loro idea in pratica. Detto e fatto, ecco contattata l’Fpt, fino ad allora leader nella meccanica (in campo motoristico, ma anche nella produzione di turbine per centrali a gas, vapore ed eolico), ma guarda caso in cerca di un settore di nicchia che permetta di piazzarsi sul mercato d’eccellenza. È amore a prima vista. «I nostri ingegneri hanno potuto concretizzare quel brevetto», spiega Piccolo, «costruendo per l’industria spaziale serbatoi per propellente». È un prodotto speciale: niente saldature, rivoluzionario in quel campo. «Basti pensare che la fine dello Space Shuttle statunitense, con risvolti anche tragici come alcuni incidenti costati la vita ad astronauti, sono stati causati dal cedimento di componenti saldate. In pratica tutte le missioni spaziali, svolte fino a pochi anni fa, avevano una punta di debolezza strutturale. Oggi questo problema è superato grazie a serbatoi senza saldature, creati con l’unione dei materiali attraverso un processo denominato Friction Stir Welding». In pratica, anche se pochi lo sanno, da circa sei mesi l’invenzione dei professori di Cambridge, realizzata a Santa Maria di Sala, è realtà: prima nel settore missilistico, ora in quello spaziale. «Adesso stiamo andando verso interessanti applicazioni anche nel settore aereo», spiega Piccolo. Fpt, tra l’altro, è già fornitore per importanti aziende in questo campo, come Airbus e Boeing, per cui produce componentistica per motori e turbine. Ma il pensiero di Piccolo è già proiettato oltre: «Puntiamo a unire con lo stesso processo anche le leghe pesanti, sarebbe rivoluzionario». In tutto questo viene da chiedersi dove stia la crisi. «Non racconterò che non ci riguarda, non è vero», ammette il patron, «ma in questo campo i nostri clienti si contano nelle dita di una mano: due in Russia, uno rispettivamente in Cina, Corea, India e Giappone. E poi c’è la Nasa».

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