La folle storia del Centro protonico e il conto salato per Padoan: l’ex direttore dovrà risarcire 1,8 milioni

La sentenza per il danno erariale del progetto fantasma sulla cura dei tumori: «Un caso di manifesta negligenza, imprudenza, intemperanza ai limiti del dolo». Nei guai anche l’ex direttrice amministrativa Massei e il tecnico Strano: dovranno versare 950 mila euro ciascuno.
Un’immagine di quello che sarebbe dovuto essere il Centro protonico della sanità veneziana
Un’immagine di quello che sarebbe dovuto essere il Centro protonico della sanità veneziana

VENEZIA. La Corte dei Conti condanna l’ex dg dell’Usl Serenissima Antonio Padoan a pagare un risarcimento record di oltre un milione e 800 mila euro per le spese sostenute dall’azienda per il Centro protonico “fantasma”. Ma il conto non è stato presentato solo a Padoan.

Infatti sono stati condannati a pagare ciascuno 943.349 euro, la ex direttrice amministrativa Maria Alessandra Massei e l’ingegnere Girolamo Strano, responsabile tecnico dell’azienda sanitaria.

Al centro del procedimento per danno erariale, il project financing lanciato dell’Uls, per realizzare un Centro di terapia Protonica per la cura delle patologie oncologiche, accanto all’Ospedale dell’Angelo, con il benestare della Commissione regionale per l’investimento e l’edilizia e le molte perplessità espresse dal nucleo regionale di valutazione.

I giudici contabili hanno sposato in pieno le richieste del procuratore Paolo Evangelista. Gli stessi giudici hanno fatto proprie anche le considerazioni di Evangelista che era stato duro nel commentare l’operazione.

L’ex direttore generale dell’Usl Antonio Padoan
L’ex direttore generale dell’Usl Antonio Padoan

«Un caso di manifesta negligenza, imprudenza, intemperanza ai limiti del dolo», aveva sottolineato il procuratore Paolo Evangelista in sede di udienza, che ha seguito l’inchiesta con la sostituto procuratore Chiara Imposimato, «davanti alle ripetute note della Regione e del collegio dei sindaci sulla mancata sostenibilità economica di un’opera in project financing che sarebbe stata un disastro per le casse dell’azienda, per mancanza di pazienti, l’allora direttore dell’Usl Antonio Padoan non avrebbe mai dovuto firmare la convenzione con il consorzio di imprese: invece andò avanti. Solo nel 2013, con il cambio di vertici, l’Usl bloccò il progetto dichiarandolo insostenibile, arrivando alla transazione». Il Centro protonico, mai nato, è costato alle casse pubbliche 6 milioni di euro.

Ad attivare le indagini della Procura contabile, era stata una segnalazione dello stesso collegio sindacale dell’azienda sanitaria, alle prese nel 2010 con un bilancio chiuso in deficit per 104 milioni, perplesso a fronte di un’opera che avrebbe previsto per le casse dell’azienda un costo di 30 milioni di euro l’anno, per 14 anni, a favore dei soci privati.

Nonostante numerose perplessità e inviti a soprassedere da parte della Segreteria regionale alla Sanità, Padoan era andato avanti spedito e dopo aver dichiarato il progetto di pubblico interesse, aveva proceduto con l’affidamento diretto della progettazione, ignorando (nel maggio del 2011), l’invito del Segretario regionale per la sanità a sospendere la convenzione: troppo poco chiari i costi del Centro e la sua sostenibilità, non essendo prevista dal piano sanitario. Quando a fine 2012 Padoan lasciò l’incarico, i nuovi vertici bloccarono il project, i privati fecero causa e il contenzioso si è chiuso con una transazione da 6 milioni. Detratte le spese che l’azienda avrebbe comunque dovuto pagare al Consorzio, per la Procura restavano nel piatto 3,7 milioni.

Soldi che ora rientreranno grazie alla condanna di Padoan e collaboratori. Il procuratore Evangelista ha voluto dedicare questa sentenza al professore Renzo Leonardi, consulente a titolo gratuito deceduto nel 2019 e padre della protonterapia in Italia e direttore del Centro protonico a Trento.

«Il professor Leonardi ci convinse della scelta a dir poco infelice di portare avanti un progetto senza alcuna sostenibilità economica che avrebbe comportato effetti gravemente pregiudizievoli per la sanità del Veneto», spiega Evangelista, «Costituisce un esempio in negativo su come non si deve attuare un project financing per realizzare un complesso ospedaliero». —

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