La dura vita passata in trincea vista dai ragazzi della 5ª F

L’esperimento del liceo scientifico “Giordano Bruno”: far rivivere ai diciottenni del 2015 le paure e le speranze di un loro coetaneo. Grazie a un diario di famiglia regalato alla nipote
Lezione al liceo Bruno di Mestre a tema Prima Guerra Mondiale e i diari di un combattente, con la pertecipazione del Sig. Paolo De Manincor figlio dell'autore dei diari.
Lezione al liceo Bruno di Mestre a tema Prima Guerra Mondiale e i diari di un combattente, con la pertecipazione del Sig. Paolo De Manincor figlio dell'autore dei diari.

Come “fare” la storia e soprattutto come fare quella della Grande guerra? Ancora più difficile: come ricrearla per dei ragazzi di 18 anni che questa storia di un secolo fa non l’hanno mai sentita raccontare in casa ma che, al massimo, la identificano con una pagina di un libro di testo? La risposta è semplice: bastano degli insegnanti “fighi” e una classe in gamba.

Al liceo scientifico “Bruno” di Mestre in 5 F ci sono riusciti, cogliendo al volo un’opportunità: quella di conoscere i pensieri più intimi di un uomo che quella storia l’ha fatta. Il sergente di fanteria Antonio De Manincor, classe 1893, di Fossalta di Piave si è ritrovato in quell’uragano di violenza e miseria che è stata la Prima Guerra mondiale, ma ne è uscito doppiamente vivo. Come essere vivente, scampando alla morte. E come essere umano, scrivendo un diario.

Pagine che gli hanno permesso di elaborare, come diremmo oggi, una serie infinita di lutti, di amici morti al suo fianco, di fame, miserie, scoramento, prigionia e malattie. Pagine che sono state trovate alla sua morte dai figli e che un figlio di Antonio, Paolo De Manincor, ha affidato alla nipote, Alessandra, una ragazza dolce, che ha ritrovato in quel libriccino nero scritto con la calligrafia che non si trova più, una persona che non aveva mai conosciuto. Alessandra l’ha raccontato a tre “prof”, Sandra Cocchi, Ruggero Zanin e Roberto Vaglio, e a tutta la classe che, come si fa con un bel romanzo, si è lasciata rapire da quelle pagine.

Ne è nato un lavoro, o uno studio, alimentato dalla curiosità di conoscere qualcosa che i testi scolastici non raccontano. E che è sbocciata in una pièce di teatro che è stata presentata al teatro Kolbe con grande successo. Poi, siccome tutti i ragazzi sono “nativi digitali”, stanno preparando un video, con tantissimo materiale e un grande lavoro di analisi. Il tutto, va detto, mentre dovevano prepararsi per gli esami di maturità. Per capire cosa era la vita del sergente De Manincor da Fossalta, i ragazzi hanno fatto di tutto: discusso le pagine del diario, pensato cosa avrebbero fatto loro al suo posto, imparato le canzoni dell’epoca, insomma: si sono calati nei panni di un ragazzo che a 22 anni è stato scaraventato nell’orrore.

Molte cose di quel diario sono commoventi. Molte altre sono aberranti. Le reazioni dei ragazzi sono state meditate. Di fronte alle provocazioni non hanno risposto con provocazioni. Per esempio ai ragazzi: Se scoppiasse la guerra con la Libia e tu fossi richiamato, cosa faresti? I silenzi sono stati lunghi, gli sguardi, per trovare gli occhi dei compagni, insistenti. Quasi tutti hanno risposto: Scapperei. E perché? Perché non voglio uccidere un altro ragazzo. Alle ragazze: Se il tuo ragazzo venisse richiamato tu cosa faresti? Quasi tutte hanno risposto: Scapperei con lui. Ma quando lo hanno detto molte avevano gli occhi lucidi.

Uomini e donne che si affacciano alla vita si sono confrontati per la prima volta con la guerra attraverso gli sguardi e le lacrime di un loro coetaneo che si affacciava alla vita come loro e che invece si è ritrovato in mezzo alla morte. Hanno letto le sue pagine in cui tutta l’assurdità del mondo falcia le vite di altri coetanei assolutamente a caso. Ma hanno anche capito che “Patria”, una parola abusata, non è “Stato”, è qualcosa di più simile al focolare, alle facce di casa, alle persone che trovi per strada, per un assurdo ghigno del destino ad affrontare l’uragano assieme a te. Nessuno sa se questi ragazzi passeranno gli “esami di Stato”. Ma la loro maturità se la sono già conquistata.

Ugo Dinello

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia