La cooperativa: «Quindici minuti per superare le ispezioni»

Avvertiti in anticipo dei sopralluoghi nel centro di accoglienza, la Edeco mobilitava anche personale improvvisato

CONA. Quindici minuti. Tanto bastava ai vertici di Edeco per far confluire gli operatori da vari centri (in primis Bagnoli) a Cona. Quando l’ispezione era imminente, non c’era tempo da perdere. «Fa la squadra e va a Cona per favore», impone Sara Felpati, vicepresidente di Edeco, ad Annalisa Carraro, consigliera di amministrazione, entrambe indagate dalle pm veneziane Federica Baccaglini e Lucia D’Alessandro nell’ambito della maxi inchiesta sull’accoglienza nell’ex base missilistica. Così diventavano operatori improvvisati anche autisti o impiegati, per l’occasione chiamati “figuranti”.



Farsi trovare sguarniti di personale avrebbe portato a notevoli problemi. Un modus operandi, quello di raccattare personale, che i finanzieri nell’informativa finale rilevano venisse usato non solo per le ispezioni dell’Usl, ma anche per le visite di politici e giornalisti. E pensare che la coop padovana aveva vinto il bando per l’accoglienza tra agosto 2016 e gennaio 2017 anche grazie a un’offerta migliorativa sul numero di operatori rispetto al capitolato: 17 di giorno invece dei 14 chiesti dalla Prefettura e 11 di notte al posto di 6. Numeri di base che poi dovevano aumentare proporzionalmente agli ospiti. Quello che è emerso dalle indagini della Finanza è, invece, una carenza di operatori «costante e sistematica». Secondo le Fiamme Gialle, Edeco ha incassato in sei mesi 126.073 euro di soldi pubblici dalla Prefettura per il personale di cui ha però non ha dotato il centro. Il 4 dicembre 2016, a fronte di 1.448 migranti presenti, il personale (tra diurno e notturno) era di sole 17 unità contro le 43 previste. Ma le differenze tra le presenze sulla carta e quelle effettive, nelle settimane analizzate, non vanno quasi mai almeno sotto la decina di operatori. Succedeva anche che lo stesso dipendente venisse segnato presente nella stessa giornata in centri gestiti da Edeco distanti decine di chilometri tra loro. Nei contratti non era specificata la sede di lavoro.

«“C’è la necessità di fare numero”, ci diceva Carraro», ha raccontato una ex dipendente agli inquirenti, «Vigeva il divieto per il personale di parlare con gli ispettori, se non interrogati. Sara Felpati chiariva che si trattava di una misura da osservare “perché non possiamo fare figure di merda”». Quando scattava l’ispezione, Borile o Felpati ordinavano di togliere il foglio con i turni settimanali «così da non richiamare l’attenzione sul fatto che il giorno dell’ispezione era presente più personale», annota la Finanza. Non c’era preparazione da parte dei lavoratori che venivano assunti, ha raccontato un ex operatore, anche in base alle caratteristiche fisiche: «L’essere alto e con le spalle larghe, così da avere operatori di struttura fisica imponente nel centro, che incutessero timore e tenessero calmi gli animi dei richiedenti asilo». Se l’ispezione era annunciata per tempo, c’era anche la possibilità di mettere a posto la struttura: «Domani vai a Cona per le 8, decespugliatori e manutenzioni dove serve. Arriva in visita il vicario», scrive via sms Carraro a un operatore. Un sindacalista aveva denunciato che a Cona e Bagnoli venissero usati per lavorare anche richiedenti asilo senza contratto. La situazione era cambiata, a detta degli stessi operatori, dopo la morte di Sandrine Bakayoko il 2 gennaio 2017: «I vertici hanno iniziato a porre maggior attenzione a far figurare una presenza regolare di personale, aumentandolo, e a risolvere le criticità più rischiose». —


 

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