La città più amata dalle api? Venezia. «Mettiamo alveari sui tetti per studiare il miele veneziano»
Nella Giornata mondiale delle api il progetto di Confagricoltura che punta a sfruttare le molte essenze dei giardini cittadini
VENEZIA. L’anno scorso uno sciame trovò casa sul campanile di San Marco. Le cronache del 2017 raccontano invece di un alveare tra cupole e ori della vicina basilica. Che Venezia piaccia alle api è cosa nota.
Per questo l’associazione degli apicoltori del Veneto (Apat) lancia l’idea di avviare un progetto di apicoltura nel cuore della città lagunare, seguendo l’esempio di altre importanti metropoli che hanno installato degli alveari per mappare, attraverso lo studio di api e miele, il patrimonio botanico urbano, ricavando informazioni preziosissime sulla biodiversità della flora tra palazzi e monumenti.
«Vogliamo proporre questa iniziativa alle istituzioni cittadine di Venezia, se ci crediamo e investiamo risorse ed energie tutti insieme, il risultato sarebbe straordinario» dice Stefano Dal Colle, presidente degli Apicoltori Apat del Veneto, in occasione della Giornata mondiale delle api che ricorre proprio oggi.
L’associazione raggruppa in regione circa 1.200 apicoltori con 24.800 alveari, di questi 238 apicoltori e 3.280 alveari risiedono nel Veneziano. In questo senso Venezia avrebbe molto da dare vista anche la sua vocazione a diventare Capitale mondiale della sostenibilità.
La città sospesa sull’acqua vanta circa 140 mila metri quadrati di verde tra parchi, orti, giardini, frutteti che si animano a primavera e piccoli fazzoletti di fiori che respirano l’aria di laguna. Un erbario a cielo aperto che porta con sé affascinanti storie di scambi commerciali, profumo di spezie, semi arrivati da lontano che hanno messo radici in città.
«All’interno del centro urbano le tipologie floreali sono molte e variegate, Venezia è ricca di tigli, offre la spettacolare fioritura dei carciofi di Sant’Erasmo e tra bricole e masegni si fa largo la vegetazione delle barene. Di conseguenza il miele che ne deriva è un prodotto particolare e di ottima qualità, che andrebbe studiato attraverso la melissopalinologia, una scienza che dai pollini contenuti nel miele risale ai tipi di piante visitati dalle api» sottolinea Paolo Basciutti, biologo e apicoltore (Apat) mestrino.
In questo senso le api sono delle eccezionali vigilesse della biodiversità e potrebbero mappare Venezia sotto il profilo vegetale come mai nessuno ha fatto finora. Del resto questo già accade a Roma, dove sul tetto di palazzo della Valle, sede di Confagricoltura, a due passi dall’Altare della Patria e da piazza Navona, si trovano gli alveari del progetto “Api in città” ideato dalla Federazione Apicoltori Italiani (Fai) con l’Arma dei Carabinieri e il Comune di Roma.
Ed è tutto un ronzio di operaie al lavoro che contribuiscono con il loro tran-tran al censimento della biologia della Città Eterna. «Il progetto ha notevoli prospettive di sviluppo, qui appoggiamo gli sciami vacanti che vengono segnalati nella capitale e studiamo il miele che viene prodotto per inquadrarne la botanica» spiega Raffaele Cirone, presidente nazionale della Fai, «ogni volta è una continua sorpresa, abbiamo avuto dei mieli monoflora di iris o palma delle Canarie, abbiamo scovato la presenza di pollini del nespolo del Giappone e del falso fior di loto. Il lungo Tevere è una immensa riserva verde e quando sulle mura aureliane fiorisce il cappero, le api ci si tuffano. Roma è indubbiamente la capitale delle api». Le casette rosa e azzurre risaltano sotto il sole di maggio, mentre Fabrizio Piacentini, esperto apistico della Fai estrae un telaino carico di miele. —
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