«La CaRiVe scompare perché la città non conta»

Un segno - l’ennesimo - della perdita di peso anche sotto il profilo economico e imprenditoriale di una città come Venezia.
È vissuta così dalle categorie economiche cittadine la fusione della Cassa di Risparmio di Venezia nel Gruppo Intesa San Paolo - decisa lunedì scorso dal Consiglio di amministrazione della banca - che ne determina di fatto la scomparsa dopo 192 anni di vita, anche se il gruppo bancario torinese controllava già da tempo l’istituto di credito veneziano.
«Come ex consigliere di amministrazione della Cassa di Risparmio di Venezia - commenta il direttore dell’Associazione Veneziana albergatori Claudio Scarpa - provo un profondo dolore per la scomparsa di un istituto storico per una città come Venezia, che aveva già resistito a una fusione con Cariveneto. Detto questo non posso non capire le esigenze di accorpamento e di ristrutturazione di un gruppo come Intesa San Paolo, in un momento tra l’altro difficile per il sistema creditizio e l’intera economia. Per i risparmiatori veneziani non dovrebbe cambiare molto, ma certo per l’immagine della città sì, perché ha perso ormai peso in campo politico e economico, e lo mantiene solo in quello culturale».
Non dissimile l’analisi del segretario della Confartigianato veneziana Gianni De Checchi: «È l’ennesima conferma che questa città non conta ormai più nulla, non è più capace di esprimere un solo grande imprenditore degno di questo nome, e vive invece del piccolo cabotaggio di bottegai e di “corsari” che usano Venezia per i loro personali interessi. Da un punto di vista operativo va detto che la Cassa di Risparmio di Venezia era già “morta” da tempo, assorbita da Intesa San Paolo. Ora è stato solo celebrato il suo funerale. La città continua a perdere funzioni e le poche realtà economiche e imprenditoriali esistenti e la classe politica di questi ultimi anni si è dimostrata del tutto inadeguata a fronteggiare la situazione, come i Veneziani sanno bene».
Il vicepresidente di Confindustria Venezia - con delega per il credito - Vincenzo Marinese, sposta invece l’attenzione sulla mancanza di rapporti con l’imprenditorialità del territorio veneziano che la fusione di Carive in Intesa San Paolo potrà determinare. «Dal punto di vista organizzativo e finanziario - spiega - la fusione con Intesa San Paolo è perfettamente comprensibile, nella logica di accorpamento che ormai riguarda l’intero sistema creditizio italiano. Il problema piuttosto riguarda il fatto che ogni territorio ha le sue particolarità e perdere i legami diretti con l’imprenditorialità veneziana potrebbe essere un problema, con un accentramento a Torino delle funzioni dell’istituto bancario e anche con un aggravio burocratico prevedibile».
Anche per il presidente dell’Associazione veneziana Pubblici Esercenti (Aepe) Elio Dazzo la scomparsa della Carive è una sconfitta della città. «Perdiamo una delle poche istituzioni storiche di riferimento rimaste sul nostro territorio - commenta – e le responsabilità della politica in questo impoverimento di esso, negli anni, sono evidenti. Non è tanto un problema di ricchezza, perché, grazie al turismo, i fondamentali di Venezia sono ancora buoni, ma di rappresentatività del nostro territorio. Non dobbiamo dimenticare che la Cassa di Risparmio di Venezia era nata in ambito cattolico proprio per il sostegno ai meno abbienti e negli anni ha molto cambiato la sua natura».
Enrico Tantucci
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