La “buona scuola” per Chiara ha funzionato
TORRE DI MOSTO. La “buona scuola” può anche funzionare. Lo testimonia l’esperienza di una docente di Torre di Mosto che per 15 anni è vissuta nel precariato insegnando nei licei di San Donà. Chiara Cescut (nella foto) ora ce l’ha fatta. «Anche l’Ufficio Scolastico di Venezia ha dato inizio alle immissioni in ruolo previste dalla riforma della scuola». Ma la Buona Scuola è davvero buona? Le polemiche sono divampate sui social, sui media e si è scatenata una “guerra tra poveri” che non fa onore alla categoria. «In realtà la riforma», spiega la professoressa, che adesso insegna all’ Istituto Einaudi di Portogruaro, professionale per operatori socio sanitari, «pur con tutti i suoi limiti, ha cercato di dare una risposta alla domanda di quanti, lavorando da anni nella scuola, non riuscivano ancora ad avere una stabilità lavorativa e una sicurezza economica. Con tutta evidenza andare a lavorare lontano da casa non è affatto facile, in alcuni casi può essere impossibile».
Ma com’è la vita da precario? «La vita del precario», ricorda la professoressa, entrata in ruolo dopo 15 anni di insegnamento di filosofia e scienze umane, «è molto difficile perché priva di qualsiasi forma di riconoscimento, sia economico, sia sociale. Il precario non ha la sicurezza del lavoro, deve stare nell’attesa della fatidica chiamata, che come sempre avviene a fine agosto, senza neppure la certezza che ci sia una cattedra. La “continuità didattica” è un’espressione priva di significato perché ogni anno, o quasi, è costretto a cambiare scuola, è sempre l’ultimo arrivato per i colleghi, il dirigente e tutti gli altri, non ha nessuna importanza se insegna da uno, 5 o 15 anni: in quella scuola è comunque l’ultimo». (g.ca.)
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