La bottega non apre per troppa burocrazia
VENEZIA. Un 2015 di luci ed ombre nel panorama dell’artigianato veneziano. Le luci sono quelle di un lieve incremento nelle assunzioni che durante l’anno sono aumentate dell’11% rispetto al 2014. Una crescita positiva registrata da Confartigianato Venezia soprattutto nella seconda metà dell’anno: vi è un ritorno all’apprendistato di formazione e responsabilità con agevolazioni, complice il Jobs Act. Altra nota positiva è la leggera crescita dei passaggi generazionali nelle ditte del centro storico, un 5% in più rispetto al 2014: aumentano i giovani che assumono la direzione delle aziende familiari, soprattutto tra pasticceri, parrucchieri, installatori e impiantisti.
Le ombre invece sono costituite dal lento declino che sta subendo il centro storico, confermato dal saldo negativo tra le chiusure e le aperture delle attività artigianali. Ad aprire, nel 2015, sono state 150 attività artigianali, perlopiù piccole attivitá di oggettini in vetro, bijoux, pizzerie, gelaterie e impiantisti, e a chiudere l’attività sono state formalmente 63 ditte, mentre altre 30 circa si valuta che stiano definitivamente cessando in questo periodo. Tra chi ha chiuso l’attività nel 2015 soprattutto radiotecnici, impiantisti, acconciatori, restauratori di mobili e artigiani del vetro a lume. Se le aperture nel 2015 superano le chiusure, il dato va però confrontato con quello di alcuni anni fa: nel 2001 per esempio avevano aperto 311 attività artigianali e a chiudere erano state 35 ditte. Il trend è quindi negativo e la situazione in centro storico fortemente compromessa, ma la chiave di lettura non è da ricercare solo nella crisi economica, iniziata anni prima.
All’interno dei database di Confartigianato Venezia non vi sono solo i dati di aperture e chiusure delle attività artigianali, ma anche le informazioni riguardo a chi era interessato ad aprire una propria ditta in centro storico e ha poi rinunciato, nel 2015 si registrano 23 “mancate” aperture di attività, bloccate soprattutto dalla burocrazia.
“Abbiamo chiamato chi si era rivolto a noi per avere informazioni sull’aprire una propria attività artigianale – spiega il Segretario di Confartigianato Venezia Gianni De Checchi – e successivamente è sparito, quindi abbiamo chiesto quali fossero i motivi delle rinunce: al primo posto l’eccesso di burocrazia e tutti gli adempimenti necessari con tempi e risultati incerti, al secondo posto i costi e le spese eccessive da sostenere”.
L’entusiasmo iniziale di chi vuole mettersi in proprio ed aprire un’attività in centro storico, nel 2015, è stato bloccato a Venezia soprattutto dalle modifiche alla normativa che oggi “pretende” il certificato di agibilità allegato alla Scia (segnalazione certificato di inizio attività).
“Dal 2015 infatti – spiega De Checchi – il certificato di agibilità è necessario per aprire un’attività mentre prima si avevano circa due anni di tempo per mettersi in regola con gli adempimenti e i lavori. Con il Comitato Vivere Venezia presieduto da Ruggero Sonino e alcuni parlamentari veneziani abbiamo presentato un emendamento alla Legge di Stabilità per chiedere che le attività artigianali nei centri storici, come Venezia e Firenze, non avessero l’obbligo del certificato di agibilità per aprire: svolgere determinati restauri in centro storico per rientrare perfettamente nelle metrature previste dalla Legge è infatti pressoché impossibile, basti pensare ai permessi necessari, ai costi, e ai vincoli posti dalla Soprintendenza. L’emendamento non è stato accolto ed ora ci appelliamo al Comune e alla Regione perché facciano sentire la loro voce a Roma, altrimenti per Venezia significa davvero trasformarsi in un museo a cielo aperto perdendo le attività e tradizioni cittadine”.
Oltre alla questione agibilità, vi sono anche gli affitti esorbitanti a strozzare gli artigiani nel centro storico lagunare che spesso si aggiungono a quelli dei lavori per la messa in sicurezza e per l’osservanza delle normative igienico sanitarie.
“Alcuni anni fa, ad esempio – aggiunge il Segretario – vi era stato un certo incremento di aperture di piccole attività artigianali che producevano bigiotterie, ma anche articoli in carta, piccole riparazioni ecc . Oggi la maggior parte è già sparita: pensiamo tra affitti, utenze, tasse e costi di materiale che devono sostenere questi artigiani, quanto dovrebbero produrre e vendere per rientrare dalle spese e riuscire ad avere anche uno stipendio dignitoso”.
Altra questione che sta a cuore agli artigiani veneziani è quella plateatici e nel 2016 si intende tornare alla carica.
“Oggi come oggi – conclude De Checchi – solo a bar e ristoranti vengono concessi i plateatici, mentre gli artigiani non possono esporre i propri prodotti, pur spesso di altissima qualità. Occorre un cambio di rotta anche da parte del Comune se si vuole salvare le aziende artigiane e commerciali di qualità e legate alla tradizione e invertire la becera deriva turistica che sta divorando Venezia e la sua vita commerciale”.
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