La bimba morì a 18 giorni ma il processo non si potrà fare

SAN DONÀ. Dal giorno della morte della piccola Adelaide, deceduta quando aveva soltanto diciotto giorni, sono passati quasi sette anni e mezzo, così ieri il giudice monocratico di Venezia Sara Natto non ha potuto fare altro se non dichiarare il non doversi procedere a causa della prescrizione. Insomma, è trascorso troppo tempo dai fatti per poter giudicare i presunti responsabili di quel tragico decesso e in Italia, uno dei pochi Paesi europei in cui ciò accade, non si può processare un imputato se è trascorso il tempo, anche se nel frattempo le indagini sono state avviate, come è accaduto in questo caso.
A giudizio per omicidio colposo erano finiti il ginecologo Pasquale Di Girolamo e l’ostetrica Annalisa Schiavon, entrambi di San Donà e in servizio nell’ospedale della cittadina del Veneto Orientale. La circostanza che la Polizia giudiziaria e la Procura lavorino per nulla a causa del fatto che poi il procedimento finisca in prescrizione non è certo un’eccezione, tanto che nella scorsa cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario il presidente della Corte d’appello Antonino Mazzeo Rinaldi ha rivelato che almeno la metà dei processi, nel Veneto, finiscono con una sentenza di prescrizione se non davanti al Tribunale davanti ai giudici di secondo grado.
I fatti si riferiscono al parto di una signora sandonatese che il 15 settembre 2008 aveva dato alla luce una bambina, ma da subito i sanitari avevano capito che le sue condizioni di salute erano critiche, tanto che il 3 ottobre, diciotto giorni dopo, era morta. Che cosa era accaduto? Stando alla consulenza chiesta dalla Procura, che aveva disposto l’autopsia sul corpicino della neonata, ginecologo e ostetrica dell’ospedale di San Donà sarebbero intervenuti in ritardo, così la neonata per parecchi minuti non aveva ricevuto ossigeno al cervello, aveva sofferto di quella che in termini medici viene definita ipossia.
Stando al capo d’imputazione, i due imputati non avrebbero monitorato il travaglio della paziente come avrebbero dovuto. Se lo avessero fatto, avrebbero capito che il feto era in sofferenza e sarebbero intervenuti con il taglio cesareo in modo da tagliare i tempi della mancanza di ossigeno. Questa la tesi dell’accusa, che il pubblico ministero, comunque, non ha neppure potuto illustrare e provare in udienza, visto che prima ancora di entrare nel merito del procedimento il giudice ha dichiarato la prescrizione, che entrambi gli imputati hanno accettato. I genitori di Adelaide non si sono costituiti parte civile perché erano stati risarciti dall’Azienda sanitaria locale di San Donà di Piave.
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