La battaglia di Fatma per salvare Bizerta dal mostro di cemento

Giovane e coraggiosa: è a Venezia l’architetto tunisino che lotta contro i progetti lungo la costa nel suo Paese. Ha coinvolto cittadini e stampa in un nuovo impegno ambientale
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 21.08.2013.- Stage in Regione del Veneto per la Tunisina Fatma Ben Said.
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 21.08.2013.- Stage in Regione del Veneto per la Tunisina Fatma Ben Said.

VENEZIA. Sboccia il fiore della sensibilità ambientale all’interno della tumultuosa “primavera araba” e il suo profumo si espande fino alla laguna, portato dall’impegno di un giovane architetto tunisino. Fatma Ben Said indossa i panni di una nuova Erin Brockovich, impegnata nella sua battaglia personale contro le speculazioni edilizie che stanno devastando la sua Bizerta, splendida città storica della costa nord della Tunisia, nel cuore del Mediterraneo.

A Venezia, dove sta svolgendo un tirocinio in Regione, Fatma ha conquistato simpatie e stima di molti colleghi italiani, affascinati dalla sua storia, dal suo coraggio e dalla determinazione messa in campo per contrastare un progetto faraonico di trasformazione edilizia di questa perla indifesa che è la sua terra. Bizerta è stata oggetto recentemente di un importante intervento edilizio, per avviare il quale sono state addirittura modificate leggi statali, che ha visto trasformare la sua spiaggia e il lungomare in una grande darsena per la nautica da diporto. In barba a tremila anni di storia, un forte legame con l’acqua e un delicato equilibrio ambientale dovuto alla presenza di due laghi naturali, uno dei quali patrimonio dell’Unesco.

Qui, in località La Plage - la spiaggia più vicina alla città, una delle più belle di tutta la zona - un gruppo di imprenditori ha deciso di realizzare la nuova grande darsena, chiamata “Marina Cap 3000”, dotata di servizi e un avveniristico hotel di nove piani, poi convertito in condominio con alloggi di lusso. Un lancio che punta a portare a Bizerta una vera rivoluzione in fatto di turismo: fino a oggi la città era meta di viaggiatori alla ricerca di storia, di oasi verdi, di fascino antico. L’operazione darsena rischia di rivoluzionare tutto e non è passata inosservata a Fatma, che esponendosi in prima persona si è opposta al faraonico progetto, spalleggiata da un gruppo di amici schierati a difesa dell’integrità storica e paesaggistica della loro città, e dell’ecosistema marino della zona.

Dall’Italia, dove sta per terminare il suo tirocinio come architetto in Regione Veneto, Fatma continua a lottare per evitare che questo gioiello architettonico venga distrutto e profondamente modificato nella sua struttura. Denuncia il problema, ne parla con i colleghi italiani, spiega cos’era Bizerta prima, cosa può diventare. Un amore sconfinato il suo, per la città dove è nata, ma più in generale per la storia, per la natura, per il mare. Contro tutto e tutti, dopo aver studiato attentamente il progetto di “Marina Cap 3000”, Fatma ha anche indagato tra le pieghe delle procedure.

Ha ingaggiato una dura battaglia per cercare di impedire la costruzione del mega porto turistico, coinvolgendo tutta la popolazione della sua città natale. Un passaparola che ha fatto fiorire attorno a lei un nuovo impegno per la tutela ambientale.

Grazie al lavoro di Fatma, la popolazione di Bizerta ha saputo: i tunisini sono venuti a conoscenza della costruzione di “Marina Cap 3000”, la stampa locale si è interessata alla questione, l’opinione pubblica si è schierata. I lavori non sono stati fermati, ma rallentati. Nonostante le velate minacce che a causa della sua battaglia ha ricevuto negli ultimi mesi, Fatma va avanti per la sua strada: continua a denunciare, anche dall’Italia (perché, dice, quella europea è una sensibilità ambientale solida), la situazione della sua città con la stessa tenacia e la passione civile che l’hanno portata a scegliere un corso di studi post universitario finalizzato a pianifi

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