La battaglia di Alberto, 19 anni «Mestre ritrovi la sua identità»

Lo studente di Scienze politiche è a capo dei giovani autonomisti per la separazione da Venezia «La divisione farà bene a entrambe le città e molte persone in questi anni lo hanno capito»
Di Francesco Furlan

«Amo Mestre, la mia città. E vorrei che fosse più rispettata e meno denigrata». Alberto Mantovan, 19 anni, studente di Scienze politiche all’Università di Padova, ha trovato la sua causa: il referendum per la separazione di Mestre e Venezia. La Regione ha già dato il via libera, con una precisazione, arrivata nei giorni scorsi dall’ufficio legale di Palazzo Balbi: la scelta dei residenti verrà presa in considerazione solo se sarà raggiunto il quorum del 50% +1 degli aventi diritto al voto. «Ce la faremo», ne è sicuro Mantovan che con “Autonomia è futuro” ha raccolto un gruppo di giovani tra Venezia e Mestre pronti a impegnarsi per il referendum, nell’orbita della squadra autonomista. Il dibattito in città è aperto da tempo e, rispetto al passato, le posizioni sono molto più trasversali. Una parte del Pd, per esempio, è ora schierato per il sì. Ora si attende solo la data della consultazione.

A 19 anni farà sua la battaglia per dividere Mestre e Venezia: perché?

«Sono innamorato di questa città, la conosco bene, ne ho studiato la storia. E non mi piace vederla denigrata come è adesso».

Un Comune autonomo potrebbe cambiare le cose?

«Certo, perché permetterebbe di costruire un senso di comunità, avere un sindaco più vicino al quale tirare la giacchetta, ragionare sullo sviluppo senza l’ombra di Venezia».

Sono già falliti quattro referendum: per tre volte hanno vinto i no, mentre l’ultima volta, nel 2003, non si raggiunse il quorum.

«In realtà si tratta del primo referendum da quando è stata costituita la città metropolitana, e in questi anni molte persone, a Mestre e in centro storico, hanno cambiato idea sulla separazione».

Per molti è una battaglia fuori della storia, senza più senso.

«Al contrario, perché tutte le esperienze che riguardano l’autonomia delle comunità sono positive, a partire dal fatto che aumentano la partecipazione delle persone per il bene pubblico. E poi bisognerebbe ricordare che Mestre nasce come Comune autonomo, poi unificato a Venezia».

E’ la sua prima esperienza politica?

«Al liceo, lo Stefanini, sono stato rappresentante di classe, ma questa è la mia prima esperienza politica. Ma ho deciso di impegnarmi perché non mi piace vedere Mestre nello stato in cui versa».

Quali sono i lati negativi della città?

«Per rendersene conto basta vivere la città. La sera, quando io e i miei amici usciamo, siamo costretti ad andare a Mirano perché Mestre negli anni è diventata una città spenta, e con alcuni quartieri dove le persone la sera hanno paura di uscire. Io stesso, che pure ho 19 anni, certe volte quando attraverso la stazione ferroviaria la sera tornando dall’Università non mi sento sicuro».

E quelli positivi?

«Mestre è comoda per i servizi, i trasporti, è in una posizione strategia e ha ottime possibilità di sviluppo, anche grazie alla vicinanza del centro storico. Perché con la separazione Mestre e Venezia resteranno insieme, nell’ambito della città metropolitana, ma ognuna con la propria identità. Sono città con identità diverse, ed entrambe meritano di essere rispettate. E oggi quella di Mestre è, giocoforza, in ombra rispetto a quella di Venezia».

Dov’è l’identità di Mestre?

«Ad esempio nel sistema dei forti, che è uno dei più grandi d’Europa e che fino ad ora è stato poco valorizzato».

Tre motivi per votare sì?

«Ricostruire l’identità di Mestre, avere un sindaco più vicino, e arrivare all’elezione del sindaco metropolitano di Venezia: la legge Delrio infatti prevede che si possa arrivare all’elezione diretta solo in caso di divisione del Comune capoluogo. Sarebbe un vantaggio per tutti».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia