La base occupata il prefetto tenta una mediazione
I richiedenti asilo hanno voluto che la visitasse con loro per vedere le difficili condizioni in cui devono vivere
CONA. Benvenuti a Conetta, frazione di Cona. L’inferno che scoppia. Un paese Conetta con 197 abitanti e 1.119 migranti. Un centro che quando torna a fare rumore lo fa per un po’, poi passa qualche mese, i riflettori si spengono, le luci si abbassano e tutto torna a tacere. Ma nel frattempo Conetta continua a vivere. E ieri il centro accoglienza è esploso ancora. All’ indomani della protesta da parte di centoventi ospiti usciti dalla base per marciare su Venezia e incontrare il prefetto, ieri altri richiedenti asilo hanno fatto sentire la loro voce. La protesta è scoppiata poco prima di mezzogiorno, per dire “Basta a questo centro, noi qui non vogliamo più stare”. I migranti si sono riversati verso il cortile interno, alcuni si sono aggrappati alla cancellata di accesso, altri si sono arrampicati, altri esausti sbattevano il corpo sul cancello, altri ancora infilavano le mani attraverso il filo spinato che circonda la base e protendevano verso le persone in strada.
Qui un dispiegamento ingente di forze dell’ordine, volanti, uomini in divisa, carabinieri, polizia, dirigenti, operatori della cooperativa, giornalisti; c’era anche il sindaco di Cona, Alberto Panfilio, ormai stremato da questa infruttuosa accoglienza. Alle 13.40 è arrivato il prefetto di Venezia Carlo Boffi e il questore di Padova. Gli ospiti della base si sono disposti in fila davanti la cancellata nel cortile interno e hanno atteso che il prefetto parlasse loro. Qualcuno si è arrampicato sopra il monumento che regge le due bandiere: quella italiana e quella dell’Unione Europea, rimanendo lì ad attendere, come da due anni a questa parte.
Una realtà Conetta partita nel luglio 2015 con 50 migranti. Saliti poi a 144 ma nel giro di un anno le cifre si sono quintuplicate. Ad aprile 2016 erano quasi 700, a settembre 900 e ora dopo aver oscillato tra i 1.300 e i 1.600, si arriva a 1.119. I migranti qui non ci vogliono più stare. Hanno freddo, vogliono i documenti e si lamentano che vengono maltrattati. Il prefetto ieri alle 14.53, con il cappellino abbassato, gli occhiali da sole, la vergogna di non saper che dire, ha incontrato una delegazione di sei richiedenti asilo. «Io sono il prefetto di Venezia», ha esordito mentre un africano traduceva per chi non sapeva la l’italiano, «conosco i motivi della vostra protesta, noi stiamo facendo di tutto per migliorare la vostra situazione. Quest’estate ci sono stati lavori per molte decine di migliaia di euro – un milione e seicento mila euro ndr – Quindici persone ora potranno essere trasferite dando la precedenza a chi è più anziano. Domani – oggi per chi legge - saranno trasferiti anche cinque minori. E ci saranno due ricongiungimenti familiari. Il nostro lavoro riuscire a trovare altre sistemazioni. L’Italia sta attraversando un periodo di difficoltà economica e so che questo non è esattamente quello che speravate». Ma agli ospiti non è bastato e hanno chiesto che il prefetto entrasse nella base.
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