La “banca” dei pusher era nel bazar africano
La “banca” abusiva aveva la sede a Padova, in via Trieste 20/a, tra gli scaffali del bazar Sahara dove si vendeva di tutto. Il “banchiere” era Allal Ramouch, marocchino di 37 anni, residente a Saonara (Pd) e domiciliato in città. Lui riciclava il denaro dei clienti, in prevalenza pusher, in Marocco e Tunisia. Un giro d’affari di 200 mila euro in due mesi tra soldi che da Padova andavano in Africa e che tornavano quando gli spacciatori dovevano comperare la droga (ma il giochetto andava avanti dal 2011, con giri milionari). Il denaro in prevalenza non si muoveva da Padova visto che “viaggiava” grazie a fiduciari che evidentemente regolarizzavano i conti sporadicamente. Bastava dire la parola d’ordine all’incaricato in Tunisia o in Marocco e questi consegnava il denaro.
Un sistema “invisibile”, detto “Hawala”, molto antico a mai tramontato. La transazioni avevano un costo: il 5% della somma, da qui verso l’Africa, addirittura il 20% dall’Africa a Padova.
L’operazione “Money Laundering” sgominata dalla Squadra Mobile della Polizia ha portato all’arresto di 8 persone tra tunisini e marocchini, altre 4 sono attualmente ricercate e per due c’è il divieto di dimora (18 indagati complessivamente): sono accusate a vario titolo di esercizio abusivo dell’attività bancaria, riciclaggio di denaro, spaccio e detenzione di stupefacenti, associazione a delinquere con l’aggravante dell’associazione transazionale. Allal Ramouch nei due mesi di osservazione ha usato anche un secondo metodo per portare beni all’estero: con il denaro in tasca è andato in Germania e ha comperato una Golf, una Passat e un camion Iveco che poi sono state spedite via nave. Sia nel primo caso, operativo grazie a due persone con grosse disponibilità che compensavano uscite e entrate, che nel secondo, non rimaneva tracce. Mittente, destinatario e denaro rimanevano sconosciuti. Se si aggiunge che il “banchiere” parlava in berbero, difficile da tradurre, si ha idea di quanto complessa sia stata l’operazione, ancora da completare per quanto riguarda i complici africani.
L’indagine aveva preso il via nel novembre 2014 a seguito di una attività antidroga. Nel corso dell’indagine si è notato che i pusher si recavano con frequenza e regolarità nel bazar e da lì è iniziato il pedinamento con sequestro di una decina di chili di droga. Tra loro le parole d’ordine “Figli della vita” erano i soldi. Un “vecchio” voleva dire mille euro Oltre al banchiere sono finiti in cella i pusher: Adnen Makni, 28 anni di Venezia, Mehrez Jelassi, 37 anni, di Venezia, Elzin Rhimi, 28 anni, Bouzekri Bougattoui, 28 anni, Hamza Ben Daadouch, 25 anni, Arbi, Ben Arous, 26 anni e Zied Ben Amor, 27 anni. Perquisito e denunciato anche B.A. 40enne di Mira.
Carlo Bellotto
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