Juventini mestrini in piazza a Torino: «Siamo tutti scappati in preda al panico»

MESTRE. «Abbiamo iniziato a correre, la folla scappava e urlava, e ho perso subito di vista i miei amici».
C’erano anche otto giovani tifosi juventini arrivati da Mestre, tra i 22 e i 27 anni, anni nell’inferno di sabato notte in piazza San Carlo a Torino. Troppo lontana Cardiff, avevano deciso di partire da Mestre per Torino nella speranza di festeggiare, nella città della Juventus, la vittoria della Champions. E invece la festa si è trasformata in un incubo. «Ci trovavamo in fondo alla piazza quando ad un certo punto abbiamo visto l’onda di gente che arrivava verso di noi, le persone si muovevano come uno stormo», racconta il 22enne Fabio Filippini, «e subito abbiamo pensato a un attacco terroristico, abbiamo iniziato a correre, la folla scappava e urlava, e io ho subito perso di vista i miei amici. In un attimo ho capito che cos’è il vero panico».
Un petardo, il panico della folla, e le persone che correvano alla ricerca di una via fuga. «Accanto a me ho visto un signore che teneva una bambina in braccio e per mano un altro bambino, ma lo stava perdendo trascinato dalla folla», racconta il ragazzo, ancora sotto choc, «così ho cercato di afferrarlo ma sono stato spinto e buttato a terra. In quel momento mi sono ferito alla mano e al ginocchio cadendo su alcuni vetri. Mi sono rialzato e ho fatto rialzare altre persone vicine a me, che erano cadute. Avevo le mani sporche di sangue». Anche gli altri sette ragazzi sono rimasti lievemente feriti e uno, Luca Lunazzi, è caduto ed è stato calpestato dalla folla, ma nessuno di loro rientra tra i 1527 feriti ufficiali resi noti dalla prefettura perché hanno preferito arrangiarsi.
«Poi ho visto un ragazzo a terra gravemente ferito al ginocchio, l’ho afferrato e l’ho avvicinato ad una colonna per proteggerlo dalla folla che continuava a spingere per scappare dalla piazza. Su quella colonna ho protetto anche una ragazza in evidente stato di shock che tremava con il telefono in mano. Quando la folla si è sparsa e la gente si è diffusa per la piazza, ho portato a spalla il ragazzo ferito a un ginocchio facendomi spazio tra un tappeto di zaini e scarpe, raggiungendo un’ambulanza». Per terra, ricorda il ragazzo, era anche pieno di impronte di sangue di chi, dopo aver perso le scarpe, aveva continuato a correre tra i cocci di vetro. Il petardo, e poi la voce diffusa che un camion ad alta velocità fosse piombato sulla folla. Nessuno capiva bene che cosa stesse accadendo, e per questo la procura di Torino, che sta cercando di ricostruire quando accaduto, l’ipotesi di reato per la quale si indaga è procurato allarme. Pare che, a provocare il panico, sia stato un piccolo petardo.

«La paura che il caos fosse stato provocato dall’arrivo di un furgone sulla piazza secondo me è stata una suggestione dovuta al fatto che il rumore delle persone in corsa, il boato di centinaia di passi era simile al rumore di un grosso motore. Forse è per questo che in tanti abbiamo pensato ad un camion sulla folla come abbiamo visto in precedenti attacchi. Anche per questo motivo di istinto mi sono protetto vicino ad una colonna dei sottoportici, pensando che sarei stato meno esposto se fosse davvero arrivato un furgone a falciare la gente». Il panico, e la paura che resta dentro: «Non credo che riuscirò ancora a partecipare a una manifestazione con così tante persone».
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