Jihad a Venezia. «Ho licenziato quei ragazzi violenti, mi hanno multato»
VENEZIA. Glieli avevano presentati come due bravi ragazzi, ma nel giro di poco tempo gli aspiranti kamikaze dell’Is Dake Haziraj e Fisnik Bekaj, assunti tra il 2013 e il 2015 da Gabriele Dal Moro al “Fresh Pasta” di San Marco a Venezia, sono diventati un incubo. E quando li ha licenziati per le loro violenze, è stato denunciato e multato di 80 mila euro dall’Ispettorato del lavoro. Da ieri le preoccupazioni del titolare, il primo al mondo ad aver ideato lo street food di pasta fresca, si sono rivelate fondate.
Il primo incontro. Tutto inizia nel 2013. Dal Moro sta avviando il locale e ha bisogno di un dipendente. Un ristoratore gli suggerisce Dake Haziraj, un ragazzo kosovaro di 21 anni che al tempo lavorava a Milano come operaio: «All'inizio Dake era bravissimo» racconta Dal Moro che il 10 aprile inaugura un “Fresh Pasta” a Barcellona «Ma con il passare del tempo diventava sempre più autoritario e ogni volta che lo correggevo o gli insegnavo qualcosa, s’innervosiva». La situazione peggiora quando nel 2014 arriva Fisnik Bekaj dalla Germania, considerato anche lui un ragazzo educato. «Mi sono fidato e ho sbagliato» commenta oggi Dal Moro. I due ragazzi stringono subito amicizia e si alleano. Loro contro tutti. Iniziano a fare quello che vogliono, parlano solo in kosovaro escludendo i colleghi, dettano legge nel locale e intraprendono una vita dissoluta, dove abbondano alcol e donne.
È allora, forte del suo amico, che Dake Haziraj inizia a manifestare un carattere violento, tanto che un giorno per futili motivi picchia come una furia un cliente veneziano che lo denuncia: «Gli ho detto di prendersi due settimane di ferie» racconta Dal Moro «sono andato a testimoniare contro di lui, ma poi è tornato con la coda tra le gambe chiedendomi scusa e ha ricominciato. Era un incubo stare nel mio locale. Se li avessi licenziati mi dicevano che si sarebbero rivolti ai sindacati e non sapevo cosa fare».
Dopo alcuni mesi di vita senza freni inibitori, i due, con l’amico Arjan Babaj, imboccano la strada dell'integralismo e la situazione degenera. «Non si poteva discutere di nulla» prosegue Dal Moro. «Quando erano insieme parlavano di religione, mostravano foto su FB di fucili e armi e guardavano malissimo i clienti americani». Si libera di Fisnik Bekaj perché non gli rinnova più il contratto, ma rimane Dake Haziraj. I tre si frequentano sempre.
La goccia che fa traboccare il vaso avviene a primavera 2014 quando Dake Haziraj minaccia con un cacciavite la sua compagna, pensando che lei lo stia riprendendo. «Lui è scattato» ricorda «ha preso un cacciavite e gli è montata una rabbia incredibile. Quando ha alzato il braccio l’ho fermato e gli ho detto di sparire. A quel punto sono andato diretto dalla polizia e ho raccontato tutto». Il trio gliel’ha fatta pagare, denunciandolo e sostenendo che lui li fa lavorare in nero. L'imprenditore ha sulle spalle la multa di 80 mila euro: «La presa in giro» racconta «è che l'Ispettorato del lavoro a fine 2015 ha dato ragione a loro, senza leggere nemmeno la mia memoria difensiva. Visto come sono andate le cose, vorrei si leggesse il mio dossier».
Effetti sul turismo. Nonostante in molti sostengano che lo sventato attacco penalizzerà il turismo a Venezia, Ascom e Ava non la pensano così: «I dati li avremo il prossimo mese» spiega Claudio Scarpa dell'Ava «ma in questo momento abbiamo dei riscontri positivi di turisti che negli alberghi si congratulano con le forze dell'ordine. È stata una dimostrazione di capacità di prevenire il rischio». Lo stesso sostiene il presidente Roberto Magliocco dell'Ascom: «La preoccupazione c'è in generale, ma l'attenzione che hanno avuto le forze dell'ordine fa capire che c'è un grande lavoro alle spalle di monitoraggio capillare del territorio». Pur lodando l'operato delle forze dell'ordine, Marco Michielli, presidente di Confturismo Veneto, ha chiesto che vengano approvato leggi per controllare le zone d'ombra del turismo: «Gli arrestati risiedevano regolarmente nel nostro territorio, mentre il tema dei non dichiarati rimane fortissimo: nel turismo regolamentato la registrazione degli ospiti è prassi automatica, ma quello della sharing economy, parliamo di milioni di presenze, ristagna in una zona d'ombra, per ridurre la quale occorre intervenire».
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