Tabaccaio ucciso a Jesolo, cameriere arrestato per il rischio di fuga: «Vicini alla soluzione dell’enigma»
La sorella del tabaccaio fiduciosa nelle indagini. Mercoledì l’interrogatorio di garanzia del 36enne. Trovate tracce di Dna di un’altra persona su un pezzo della porta finestra

Si svolgerà questa mattina, 26 marzo, l’interrogatorio di garanzia per il cameriere 36enne di cittadinanza albanese, ma residente da molti anni a Jesolo, arrestato con l’accusa di aver ucciso con un violento colpo alla testa, Roberto Basso: per gli investigatori, il tabaccaio lo avrebbe sorpreso a rubare in casa e sarebbe stato sopraffatto dalla violenta reazione dell’uomo.
Omicidio volontario l’accusa mossa dal pubblico ministero Giovanni Zorzi, che ha disposto il fermo, per il timore di una possibile fuga all’estero dell’uomo.
Un’indagine scientifica quella portata avanti dai carabinieri, che la Procura si riserva di spiegare più nel dettaglio se mercoledì la giudice per le indagini preliminari Rosa Maria Barbieri convaliderà il fermo e lo trasformerà in una misura cautelare.
L’inchiesta è partita dalla visione delle immagini delle telecamere in zona, che hanno visto transitare l’auto dell’uomo nei pressi dell’abitazione di Basso, in via Antiche Mura a Jesolo Paese, poco prima che lui alle 23.34 del 5 maggio chiudesse le serrande della sua tabaccheria: un’ora dopo, era già morto.
Le indagini
Controllando il Gps dell’automobile, gli investigatori hanno visto che in altre occasioni l’auto era stata in zona.
A quel punto sono state disposte intercettazioni, ma soprattutto dai carabinieri dei Ris è arrivata la risposta attesa: su un piccolo pezzo di plastica che si è staccato della porta finestra forzata sulla terrazza al primo piano (probabilmente con un cacciavite, che non è stato ritrovato) è stato individuato un residuo di pelle con una traccia di Dna, riconducibile non all’arrestato, ma a una persona biologicamente a lui vicina, che potrebbe aver toccato lo strumento.
«Il mio cliente nega qualsiasi coinvolgimento», dice l’avvocato Pascale De Falco, all’uscita dal carcere di Santa Maria Maggiore, «quella sera è stato al lavoro e poi è andato a casa. Conosceva il tabaccaio, certo, perché andava ogni tanto a comprare da lui le sigarette. Ma non è stata trovata l’arma del delitto, né il cacciavite e il residuo di Dna non è direttamente il suo».
La sorella
«Nessun può immaginare come ci sentiamo adesso», commentano intanto Francesca e Andrea Basso, i fratelli del tabaccaio ucciso. Martedì in serata è arrivata alla famiglia la telefonata del sindaco di Jesolo, Christofer De Zotti.
Un dialogo riservato in cui il primo cittadino li ha rincuorati dopo mesi di sofferenze ad ha espresso loro la vicinanza delle istituzioni.
«Siamo felici che sia stato intrapreso questo percorso investigativo e che si sia arrivati a quella che pare essere la soluzione dell'omicidio di nostro fratello», commenta Francesca, assistita dal legale cui si appoggia la famiglia, l'avvocato Victor Rampazzo, «crediamo che ormai le indagini siano prossime a svelare l’enigma che c’è dietro la morte di nostro fratello, ma vogliamo essere sicuri prima di aggiungere altre riflessioni. Le indagini sono ancora in corso, per il momento c’è il fermo di una persona sulla base di vari indizi. Restiamo, pertanto, in fiduciosa attesa, anche perché non vorremmo piombare ancora nel buio».
Il sindaco
Il sindaco De Zotti, una volta che la notizia dell'arresto è diventata di dominio pubblico, ha elogiato il lavoro della Procura, dei carabinieri: «Esprimo a nome del Comune la vicinanza ai familiari di Roberto Basso che finalmente, dopo quasi un anno, possono avere delle risposte ai tanti interrogativi rimasti aperti dopo questa tragedia. L’auspicio è che possano trovare la giusta quiete. In attesa che la giustizia faccia doverosamente il suo corso, esprimo la gratitudine agli inquirenti che in questi mesi hanno continuato a lavorare per individuare i colpevoli».
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