Iva sulla Tia, Veritas contro lo Stato
È tutti contro tutti nella guerra legale per la restituzione dell’Iva sulla Tia, la tariffa di igiene ambientale ormai sostituita dalla Tares: gli utenti fanno causa a Veritas e Veritas si prepara a fare causa all’Agenzia delle Entrate per vedersi rendere le somme che, come ha deciso il tribunale, dovrà poi rigirare ai contribuenti, in un pasticcio tutto all’italiana di cui presto, su iniziativa di Veritas, dovrà occuparsi anche la Corte di Giustizia europea.
È giusto o meno applicare l’Iva alla Tia? È una domanda che vale milioni di euro, tanti sono i soldi che Veritas dovrebbe rimborsare ai contribuenti, qualora tutti dovessero presentare ricorso. L’altro giorno il Tribunale di Venezia ha respinto l’appello dell’azienda per cinque casi dopo che già i giudici di pace avevano dato ragione agli utenti che contestano l’Iva sulla Tia, per un rimborso complessivo di un migliaio di euro. Il giudice ha anche deciso di compensare le spese in entrambi i gradi di giudizio sottolineando la complessità delle questioni trattate, definite piuttosto controverse. Secondo l’avvocato Enrico Cornelio, che ha patrocinato i ricorsi vinti in appello, il rigetto del ricorso era una decisione ovvia perché la giurisprudenza in materia è chiarissima e univoca dopo la sentenza 238 della Corte costituzionale. Veritas, stretta tra l’incudine e il martello, non è dello stesso parere e per questo ricorrerà in Cassazione. «L’Iva è stata incassata per conto dello Stato», ribadisce l’azienda di servizi, «e non ha le disponibilità di queste somme».
E quindi «Veritas continuerà a chiedere all’Agenzia delle Entrate, come del resto sta già facendo, il rimborso delle somme da versare ai cittadini in virtù delle sentenze. In caso di mancata risposta, ipotesi che già si sta verificando, l’azienda procederà per via legale».
Come? Facendo causa all’Agenzia delle Entrate. Vale a dire la stessa agenzia che, dopo le sentenza della Corte costituzione e della Cassazione che hanno ribadito la «non assoggetibilità all’Iva della Tia», ha continuato a dire che l’Iva doveva essere applicata. Il direttore generale delle Finanze scriveva infatti a chi gli chiedeva spiegazioni che «la Tia deve continuare a essere assoggettata all’Iva, così come già sostenuto dall’amministrazione finanziaria in diversi interventi che so sono succeduti nel tempo, a partire dal 1999».
Un ping-pong estenuante, una partita nelle quale ora dovranno entrare in campo anche i giudici della Corte di giustizia dell’Unione europea. E nel frattempo? Veritas fa sapere che sarà sua cura «qualora vi fossero precise disposizioni o indicazioni da parte dello Stato predisporre tutti gli atti e le procedure che le autorità preposte indicheranno, per favorire il rimborso dell’Iva».
C’è da scommettere che passerà del tempo, anche se la associazioni del consumatori, che sulla vicenda hanno il dente avvelenato, stanno affilando le armi.Tra queste il Codacons che nei mesi scorsi a Zelarino aveva raccolto le domande di circa 200 persone intenzionate a chiedere il rimborso. C’è però che va controcorrente, come l’Adico di Carlo Garofolini che pure ha messo a disposizione modelli per la richiesta di rimborso da inoltrare a Veritas, ma invita alla prudenza. «In linea di principio sarebbe giusto che la Veritas restituisse le somme», spiega, «ma anche di fronte a sentenze positive dei giudici di pace, considerando che i ricorsi sono automatici, tra quello che si incassa, circa 400 euro a famiglia, e quello che si deve pagare in spese legale, il gioco rischia di non valere la candela».
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