Iter per la cittadinanza in ritardo ricorso al Tar contro Salvini

Ristoratore egiziano attende da più di due anni, ma il Decreto ha allungato i tempi «È incostituzionale che la nuova norma venga applicata anche ai casi vecchi»
L'enorme onda verde bianca e rossa sfila del corteo in difesa della Costituzione sfila per le strade di Roma, 12 marzo 2011. ANSA / MASSIMO PERCOSSI
L'enorme onda verde bianca e rossa sfila del corteo in difesa della Costituzione sfila per le strade di Roma, 12 marzo 2011. ANSA / MASSIMO PERCOSSI



Vuole diventare italiano e giurare sulla Costituzione dopo che vive nel nostro Paese da 13 anni ed è titolare di un ristorante in centro storico. Ma tra il sogno e la realtà ci si è messa di mezzo la burocrazia di un procedimento che dovrebbe durare al massimo due anni. Invece nel suo caso i tempi sono stati sforati. E nel frattempo nel 2018 è entrato in vigore il decreto Salvini che porta da due a quattro anni il tempo massimo (teorico) perché il Ministero dell’Interno concluda la procedura. Risultato: la pratica per la cittadinanza del ristoratore egiziano, 59 anni, presentata a febbraio del 2017, non è ancora stata vagliata e, stando ai tempi della nuova legge, ci potrebbero volere poco meno di altri due anni.

Così l’egiziano ha deciso di andare contro il ministro Salvini. I suoi difensori, gli avvocati Dirk Campajola e Andrea Cimino, hanno presentato ricorso al Tar del Lazio contro il Viminale, sollevando una questione di legittimità costituzionale in relazione all’applicazione retroattiva della norma. L’auspicio dei legali è che i giudici amministrativi propongano il quesito al vaglio della Corte Costituzionale. La discussione del ricorso non è ancora stata fissata.

Prima di arrivare al Tar, i difensori dell’egiziano avevano inviato una diffida al Ministero. La risposta, come si legge nel ricorso, era stata «una comunicazione standard con cui incolpava del ritardo nell’evasione della pratica l’ingente carico di lavoro». Con l’entrata in vigore del Decreto Salvini, la doccia fredda: le nuove disposizioni si applicano «ai procedimento di conferimento della cittadinanza in corso alla data in vigore del decreto». Quindi anche al caso del ristoratore egiziano. «La scelta del legislatore di applicare retroattivamente l’allungamento dei termini per la conclusione del procedimento deve considerarsi contraria al principio costituzionale di irretroattività della legge», spiegano gli avvocati Campajola e Cimino nel ricorso, richiamando i principi espressi dalla Consulta e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. «La retroattività del nuovo e più lungo termine anche ai procedimenti già pendenti al momento dell’entrata in vigore del Decreto Sicurezza trova, quale unica giustificazione, il tentativo di evitare all’Amministrazione l’avvio di procedimenti avverso il silenzio», chiariscono i difensori, «È una modifica che non trova alcuna giustificazione in termini di interesse generale, bensì unicamente di soppressione di un diritto (alla conclusione del procedimento) in ragione di una insensata e borbonica presa d’atto (e conseguente difesa) dell’incapacità dell’Amministrazione a far fronte, nei termini previsti dallo stesso legislatore, alla conclusione del procedimento».

Gli avvocati dell’egiziano richiamano nel ricorso una sentenza della Cassazione con cui viene sancito che la nuova normativa che ha modificato la disciplina del permesso di soggiorno per motivi umanitari non trova applicazione in relazione alle domande presentate prima dell’entrata in vigore dello stesso Decreto Sicurezza. Diverso, invece, il caso della cittadinanza che ora è approdato al Tar e, se i giudici lo riterranno, anche alla Corte Costituzionale. —



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